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Derviscio |
Riassumendo:
a parte il fatto che mi sembra di vivere come un derviscio, in questo moto
perpetuo del sentire, in questa danza rotante delle relazioni e quindi diventa
estremamente difficile seguire un filo logico degli eventi…
Premesso
questo volevo soffermarmi su una settimana molto particolare appena vissuta: ho
trascorso cinque mattinate in un gruppo di donne per fare la classica bambola
steineriana da vestire.
Qualche
settimana fa una cara amica della compagnia dell’ago mi aveva annunciato questo
simpatico corso intensivo.
Avevo
già fatto una di queste bambole, l’avevo cucita e preparata con tanto amore per
la mia Piccolona un paio di anni fa, a Natale Gesù Bambino l’aveva portata e
lei la chiamò Sofia, fu subito un grande amore.
Per
la Micina piccola nel frattempo sono arrivate altre bambole: bamboline in
miglio e lavanda e la Titti
(sempre fatta da me, bambola con pigiamino). Era un po’ che pensavo che era
arrivato il momento di confezionare La Bambola della piccina e quando Arianna ha parlato
del corso mi sono illuminata. D’istinto le ho detto che avrei partecipato.
Questa
settimana (appena trascorsa) è stato come un profondo e significativo viaggio
interiore (solo parzialmente inaspettato).
Per
iniziare ogni giorno mi dovevo svegliare di buon mattino perché il corso si
teneva a due (e dico due) ore di macchina da casa mia!!!! (se non è buona
volontà questa). A metà strada mi incontravo con Lilli che ha partecipato a
questo processo insieme a me.
Quindi
(grazie anche all’ausilio prezioso della tecnologia, ovvero con il navigatore)
ci siamo addentrate in quel di Invorio per giungere in questo ameno quanto
sperduto paesino di Barquedo. Se non fosse stato per il petulante e preciso
navigatore quando ci siamo ritrovate in stradine larghe quanto la vettura che si
snodavano tra boschi e prati incontaminati, avremmo sicuramente girato la
macchina convinte di esserci perse.
Invece
eccoci giunte in questo luogo molto grazioso, un piccolo spazio erboso con
annessa piccola baita con tutti i confort desiderabili (tavoli, toilette,
piastra per il caffè etc).
Ci
siamo sedute all’aperto intorno ad un tavolo in legno e le maestre ci hanno
mostrato delle bambole finite, erano bellissime e complicatissime da fare…..
Manuela
ha introdotto il lavoro offrendo qualche spiegazione sul perché proprio queste
bambole (che presuppongono un grande lavoro) e non le semplici bambole comprate
(persino quelle di stoffa).
In
prima istanza il solito discorso sulla differenza percettiva tra plastica e
materiali naturali. Il bambino ha bisogno di incontrare (nelle sue
sperimentazioni, nei vissuti, nel gioco) qualcosa che gli porti incontro la
verità, il “vero” che c’è nel mondo. La plastica è una sostanza derivata,
costruita e non ha una vera corrispondenza (in termini percettivi, energetici,
tonici) con la realtà naturale che ci circonda. In modo particolare la bambola,
rappresentando la figura umana, ha una necessità intrinseca di verosimiglianza
con la realtà vivente. Una bambola steineriana è fatta di cotone, lana naturale
e soprattutto di calore e amore umani.
Nessun
giocattolo prodotto in una fabbrica o in serie ha in sé quelle caratteristiche
animiche che possiede un gioco costruito con il sentire, l’amore, il volere e
l’intenzione di un individuo.
Dopo
questa breve e giustissima introduzione siamo partite nella “volontà”, abbiamo
cominciato a cucire le varie parti in maglina color incarnato (gambe e corpo,
braccia e testa).
Beh
poi io e Lilli siamo corse a prendere la macchina, una bella corsa nel caldo e
nel traffico e via al lavoro. Non credevo che sarei stata così stanca e poco
propensa a nuove attività!!!
L’indomani
ci siamo dedicate al riempimento dei pezzi che avevamo cucito! È un lavoro
tutt’altro che semplice o veloce. Ci vuole molta pazienza e perseveranza. Dopo
aver preparato delle palline belle dure di lana per mani e piedi, si preparano
dei piccoli ciuffetti di lana grezza e si vanno ad infilare negli arti,
spingendo con forza (anche con l’aiuto del manico di un cucchiaio di legno), si
cerca di infilare i ciuffi uno dentro l’altro come a formare una pila di
bicchierini uno dentro l’altro (come una matriosca), sempre spingendo con
forza. Gli arti devono essere belli duri e “gnucchi” (parola che è piaciuta
molto alle nostre maestre venete che non ne conoscevano il significato
dialettale). Insomma devono essere belli sodi e nel frattempo bisogna cercare
di evitare nodi (groppi… alla veneta), ispessimenti e gibolli.
Il
secondo incontro è stato dedicato a questa delicata operazione e qui si
comincia a comprendere cosa si intende che questo balocco per bambini ha in sé
l’energia di chi la costruisce, energia offerta al piccolo che la coccolerà,
amerà, tirerà per le braccine gnucche ….
La
giornata poi si è dipanata nell’accelerazione, sono scappata a pranzo dalla
sorella Diana, un paio d’ore rubate (come sempre) per chiacchierare di noi, dei
nostri percorsi, sempre di fretta, affamate, desiderose di condividere ma
sempre prese dalla vita che incalza e chiede attività, presenza… un soffio
d’amore stare con lei, una voglia di carezzare il suo sentire, una sensazione
penetrante di somiglianza, di appartenenza… sono centinaia d’anni che ci
vogliamo bene io e lei….
In
questa atmosfera placida ed avvolgente il tempo e i pensieri si quietavano e si
lavorava contente…
Come
dicevo il terzo giorno abbiamo fatto una parte molto importante e difficile,
abbiamo preparato la testa: si parte da una nocciolina dura di lana e si
avvolge con forza. La testa deve essere bella dura e rotonda. Non è certo
facile! Poi la grossa palla di lana si infila in una garza e con opportune
legature (con un filo moooolto resistente) si crea l’incavo degli occhi, la
forma della nuca, i guanciotti… Poi con pazienza e forza si cuciono i fili, si
ricopre di maglina e si cuce… avevo tutte le dita bucate. È un piccolo miracolo
della nascita vedere questa piccola figura prendere forma sotto le proprie
mani… sempre dietro l’attenta guida delle nostre maestre, così dolci,
disponibili, sorridenti, incoraggianti…
In
questa giornata andare al lavoro è stato ancor più difficile, ero abbastanza
svuotata (positivamente), il desiderio era di rimanere in movimento, nel fare…
il pensare era fastidioso…
Non
nascondo che i viaggi interminabili (due ore andata e due a tornare) siano
stati estenuanti e non ne potevo più….
Ero
dispiaciuta di salutare queste donne fantastiche, piene di volontà, di
generosità, di sentimento, di bellezza… provavo sentimenti diversi per le due
maestre….
Fare la bambola un’esperienza meravigliosa…
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