Guardando
gli ultimi post scritti ho visto che c’è un filo conduttore: la solitudine.
Mi
sono soffermata un attimo a pensare e mi sono domandata sinceramente se mi
sento sola. In verità no, anzi essendo mamma, spesso agogno inutilmente un po’
di solitudine: per riuscire a dormire un po’, per dedicarmi a ciò che mi piace,
per fare lavoretti, sistemare casa, farmi un giro senza trepidazione e
lamentele, mettermi lo smalto, leggere un romanzo, studiare i mille libri che
mi interessano, continuare il lavoro sulla biografia, andare in piscina,
iscrivermi a qualche bel corso… insomma noia e solitudine non so cosa siano.
La
solitudine è uno spazio mentale, uno stato d’essere, nessuno è mai solo, in
ogni caso. Mentre parliamo, agiamo e siamo nel mondo dei sogni, contemporaneamente
respira l’umanità intera (sulla terra e nei cieli). Non è difficile percepirla
e riconoscerla ma siamo così imbavagliati e legati, accecati dal nostro io che
non vogliamo vedere e sentire e, spesso, questo ci da sofferenza.
La
vita è una magnifica avventura da gustare nel tragitto e non nelle ipotetiche
mete che ognuno si prefigge. Le mete e i progetti sono sempre delle utopie
perché il nostro progetto e la nostra meta si realizzano nella vita stessa
(ovvero la biografia). Questo è lo scopo: scorrere la propria vita cercandone i
nessi, il significato, il senso individuale tra ogni mio ieri oggi e domani. La
sensazione di solitudine mi da traccia del fatto che ho smarrito la via intima
della fratellanza, della vita sociale, del Karma stesso (individuale e
dell’umanità).
Comprendere
la relazionalità, in qualità di caratteristica fondante della personalità
individuale che si attua in prima istanza nella relazione simbiotica nell’utero
e poi nel rapporto duale con la madre, questo è il compito di ogni vita umana.
L’incarnazione è il costituirsi stesso della dualità terrena: ogni giorno
vorrei cercare di incontrare la scintilla cosmica di ognuno, indipendentemente
dalla frenesia del fare e dell’avere. Urge nella società odierna tornare
nell’essere e ricominciare ad attuare un vero Ascolto dell’altro, un ascolto
fatto con i sensi, i pensieri, il cuore e la luce, un ascolto senza
aspettativa: forse l’altro è in un momento diverso dal mio del cammino e forse
ha solo bisogno che io tenda la mano e improvvisamente quelle mani danno
calore. Si impone la domanda: quante mani toccate? Ma le avete ascoltate? Ogni
mano ha una storia, un’energia, un pensiero e una domanda: è davvero ora di finirla, finiamo di stringere la mano del prossimo senza ascoltare il messaggio di cui è portatrice,
abbracciamo i nostri simili in ogni stretta di mano, accompagnandola con lo
sguardo e anche il sorriso. Finiamola di salutarci in modo formale e di circostanza ma
pensiamo, ogni volta, che io esisto grazie allo sguardo dell’altro (quello che
si intende per relazionalità come fondante l’identità personale).
Chimera |
Ricordiamoci sempre, ogni giorno e ogni istante, che la solitudine non esiste ma è semplicemente un’affascinante chimera:
il sogno di ognuno di essere unico e immutabile, ovvero divino, senza accorgersi che la scintilla divina corrisponde all’essere parte di un tutto.
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