la copertina del mio libro di bambina |
Nel
mio felice ritorno in qualità di divora libri ho “riletto” per l’ennessima
volta “Il mago di Oz” di L.Frank Baum. Ero partita con grande motivazione (ricordando
inanzi tutto che è stato il primo libro regalatomi dalla sorellona e quindi il primo libro letto
e riletto nella mia infanzia), come spesso mi capita (purtroppo) dimentico, la
mia memoria selettiva “cancella” il ricordo cosciente di molte cose e questo
libro faceva parte di tale selezione mnemonica. Come dicevo ero contenta avendo
intravisto uno spunto interessante nei tre personaggi che accompagnano la
bambina nel suo viaggio (spaventa passeri, omino di latta e leone): ho trovato
in essi una traccia metaforica delle tre sfere dell’umano (pensare, sentire,
volere). Il mio entusiasmo è stato subito frenato dalla lettura dell’introduzione
scritta direttamente da Baum. Egli dichiara convinto che non è più il tempo del
moralismo, che è necessario superare le fiabe classiche e portare al bambino “storie”
che lo divertano semplicemente.
Non
che io sia contraria al divertimento dei bambini (tutt’altro) ma non capisco perché
in virtù di questo si debbano screditare le fiabe. Le fiabe classiche (della
tradizione popolare) sono intrise di saggezza, di figure archetipiche e non
terrorizzano in alcun modo il bambino e tanto meno “moraleggiano”. Portano al
bambino, invece, un modello di reazione emotiva e di condotta alle avversità
della vita (in senso generale). Il bambino, attraverso il simbolo e il viaggio
dell’eroe, costruisce le categorie per il proprio io.
Quindi
la partenza con il mio “vecchio amico” non è stata molto brillante. Leggendo
devo riconoscere che ho trovato la narrazione molto gradevole. Il libro (seppur
non offrendo bellissimi personaggi per il mio personalissimo gusto) ha un ritmo
veloce e serrato. Gli avvenimenti si susseguono con tale velocità che senza
accorgersi si è viaggato per l’intero meraviglioso mondo di Oz, si sono
affrontati pericoli e prove da superare, risolti misteri e concluse le vicende.
Questo ha i suoi pro e i suoi contro (forse per questo lo avevo dimenticato?).
Come dicevo il libro scorre velocemente e la storia è simpatica, speravo, però,
che i personaggi fossero un pochino più caratterizzati. La bambina (l’io) nella
crescita deve compiere il proprio percorso utilizzando adeguatamente il
cervello, il cuore e il coraggio ma dal libro non si evince: la piccola Dorothy,
nonostante la grande avventura e le difficili prove, non ne risulta cambiata,
così come è all’inizio è alla fine e credo questo sia il vero limite del libro.
La bimba dovrebbe portare qualcosa di più con sé al rientro a casa. Il cervello
trovato dallo spaventapasseri (pensare) , il cuore dell’omino di latta
(sentire) e il coraggio (volere) del leone non sono stati funzionali alla
crescita della bambina, ma al costituirsi stesso della compagnia viaggiante.
Certo se vogliamo come metafora immaginare che tutto il mondo di Oz sia l’interiorità
della bimba il significato cambia. Ma Baun aveva sottolineato come il suo era
un mondo concreto, contrapponendolo proprio al mondo delle meraviglie di Alice
(romanzo uscito nello steso periodo).
Io
credo invece che il mondo di Dorothy sia proprio la sua interiorità e che
integra le sue sfere e le mette come governatori dei regni (l’uomo di
paglia diviene il re della città degli smeraldi, l’omino di latta il sovrano
del regno dell’ovest e il leone diventa il re della foresta delle belve
feroci). La bambina sconfigge le parti “cattive” di sé (le due streghe cattive
dell’est e dell’ovest) e smaschera l’inganno del mago di Oz (che è un cattivo
mago ma un brav’uomo), insomma è proprio il passaggio dall’incanto dell’infanzia
al realismo degli adulti. Leggendo il libro si legge chiaramente, in verità,
che i personaggi possiedono già quello che vanno cercando (cervello, cuore,
coraggio) se no non avrebbero potuto aiutare la bimba, ma queste "qualità" diventano vere e
consapevoli per loro solo quando il mago di Oz glieli “dona” alla fine di grandi
prove e percorsi. Insomma le nostre sfere del pensare, sentire e volere ci
appartengono ma siamo noi a integrarle fra loro solo attraverso prove, difficoltà
e realizzazioni.
Il
mio personaggio preferito è l’omino di paglia, quello che cerca il cervello…
non credo sia un caso (!!!!!)... ma è anche il più tenero, si occupa della bimba, le procura noci, la accompagna con grande "amore". Non per niente diventerà il governatore al posto del mago di Oz.
Nessun commento:
Posta un commento
lascia un pensiero : )