![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiG_-yl86SV_YYWLxIwy-T4cZ49FZ4Ju8p1DUlhJ2KieWE6G3La0-Z6UfMzucCbY3oLvSii_2khG3mgC3k6MTgDvWSCQYsoq39TPnxGSJDpsI-2U2A3mo2VN5LdV1k1t89l25zW-csqNsA/s640/DSCN2571.JPG) |
pane fatto in casa con pasta madre |
Cucinare è un’attività molto interessante. In primo
luogo soddisfa, soprattutto nelle donne, una necessità primitiva di nutrire i
propri cuccioli e la famiglia. Oggi siamo molto lontani dalle necessità
primarie, ma tutte le mamme covano, inconsciamente, la tensione continua a
provvedere che nessuno dei “suoi” muoia di fame. È una cosa che ho compreso
grazie al bravissimo pediatra delle mie bambine: ricordo che in preda all’ansia
(come tutte le puerpere) pesavo la mia piccolina e segnavo maniaca le pesate prima,
dopo… purtroppo la mia piccolina non cresceva secondo gli standard previsti (da
chi? Un popolo di obesi dediti allo smodato uso di latti artificiosi e di
dubbia provenienza)… pur sapendo che “lo standard” è una bufala
democratico/commerciale istituito per creare diffusa inadeguatezza, sentivo la
sottile ansia impossessarsi delle mie vene, non ero pronta allo scatenarsi
ormonale del post gravidanza che ti riporta all’età della pietra con il
cucciolo da accudire. Come dicevo il mio saggio pediatra allora mi disse che
ero come tutte le altre mamme (io come tutti? Davvero? Beh quasi piacevole)
avevo paura che mia figlia morisse di fame. Risposi con un no deciso e lui mi
ributto lì un simpatico “Sicura?”. Mi fermai a pensare e trovai che forse aveva
proprio ragione e negli anni a venire è successo altre volte, cresce una
leggera inquietudine quando il piccolo decide di non mangiare, salta un pasto o
cose affini. Sapete cosa succede? Proprio nulla!!!
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiL09DVX0Zy0xDxfsBFeSfUBqHzzDxjp05HQm6i3QB7insE10ecjcIOgJgLwUAPnniasBE1j2bNzMtnIeAdPSdx4TJJgjLNk9zZgjJ6ogMJjoHxXW5Gqu9vE-eN1PZvAdpn0-60W5qnLyo/s400/DSCN5821.JPG) |
polpette di melanzane al forno |
I Bambini, qui in occidente,
non muoiono di fame, i nostri bambini sono ben ipernutriti e con il pancino
sempre pieno, fanno fatica persino a riconoscere il senso di fame perché siamo
sempre pronte a riempirli (sin dall’inizio con il famigerato allattamento a
richiesta che non consente di instaurare sin dal principio un sano rapporto con
il cibo e quindi con l’affettività, il donare e il ricevere). Insomma il
bisogno di nutrire è nel cervello primitivo della donna e bisogna farsene una
ragione.
Il lungo preambolo per meglio comprendere come nel
cucinare sono connesse innumerevoli inferenze di diverso genere.
In questa
pratica, quotidiana per molti anni della propria vita, si possono rispolverare
decenni di lotte femministe, secoli di abilità alchemica e l’eternità della
saggezza della natura. La cucina è una maestra sopraffina di vita: impastare,
accostare, stemperare, mondare, accarezzare, strizzare, ungere, rivoltare,
affettare, assemblare… mille verbi che portano a vere e proprie creazioni nuove
e quindi a meravigliose ed uniche forme d’arte.
La cucina si accompagna anche alle fasi della vita:
è molto diverso cucinare per ammaliare un uomo con le nostre qualità, piuttosto
che preparare una cena imbandita per “fare bella figura” con un gruppo di
ospiti, piuttosto ancora che occuparsi del nutrimento delle nostre creature o
ancora “mettere insieme” un veloce desinare per svuotare il frigo o finire in
fretta una giornata impegnativa. Ci sono periodi, quando si è single (felici o
meno di esserlo) in cui la cucina è un inutile accessorio della casa, dove ci
si trasforma in esseri aperitivori e spiluccanti nei bar e nelle case di amici.
Cucinare racchiude in sé molti ambiti
antropologici che si amplierebbero a dismisura se approfondissimo anche la
parte del consumo dei pasti (singolarmente o convivialmente), ma in questo
momento mi interessa in particolare soffermarmi nella parte prettamente
creativa dell’attività.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjDesnv4cvXjO629_zuzuedouRqnHkOzlNt5_PSneqfViQauotHT7lOp5iWggZIrZjnWuzr_s-_Vn3IEQG0Ssav1UJkhgz9zjYOsM5SXccuE7KCYFIEH_t79wmjjR-X_r20b172slJfscU/s200/DSCN5824.JPG) |
parmigiana prelibata |
Sin da bambina sono stata attirata dalla cucina e
da tutto quello che la circonda: ingredienti, attrezzi, combinazioni e
quant’altro. Mi sono cimentata sin da bambina in realizzazioni complicate (per
quell’età) tipo gnocchi, chiacchiere, pizze e calzoni. Ho imparato
sperimentando, assecondando il mio gusto e carpendo informazioni tra tante
donne incontrate (mamma, sorelle, vicine di casa, amiche, programmi televisivi).
Acquisita la
tecnica di base è cominciata per me la parte più divertente del cucinare,
infatti un'altra attività che adoro è dialogare e confrontarmi con amici e
avventizi. Il massimo del godimento è riuscire a fare le due cose
contemporaneamente. Ricordo quando la mia cucina precedente era solo un angolo
cottura in una zona di passaggio: mi ero dilettata a fotografare le
innumerevoli persone che avevo visto sedute sui gradini posti a fianco del mio
frigorifero. Ricordo profonde e significative chiacchierate, amene risate,
confessioni e rivelazioni, affermazioni di sé e impressioni sul mondo,
confidenze e lacrime, incontri e scontri. Ricordo i visi di queste persone e
ricordo me stessa intenta, nel frattempo, ad impastare deliziosi panzerotti, assemblare
succulente paste al forno, inventare nuovi sughi alternativi per pastasciutte
innovative…
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgrMpFXgG5A9dZVi2bnmV89NEzWcLMA4l_ekfA7Fnr-N8s4AzORcLsExpDhx1Gkv4z8z_CyMGLc_6uNmhnZJ8q_I_7zVymKGc7oaiy7JzD5Q_HNU56-EQNhvKfF-API56bjlkhdG3ud8xU/s200/DSCN5728.JPG) |
piatti appetitosi |
Con l’avvento della nuova era (ovvero la nascita
delle mie figlie) ho sentito la necessità di ampliare lo spazio cucina. Ho
immaginato me stessa negli anni, impegnata nella preparazione dei pasti,
nell’accompagnare le bimbe nei compiti, nel pasticciare insieme a loro ed ho
pensato che forse valeva la pena di sacrificare il “salotto” e realizzare una
grossa cucina abitabile, costruire (anche grazie al nostro amato camino) la
stanza focolare, dove i Lari e i Penati della casa potessero proteggerci
indisturbati, il luogo della famiglia. Anche se ho dovuto rinunciare a un po’
di spazio e ai miei gradini del colloquio sono stata contenta. Effettivamente
la cucina è diventato il luogo dell’incontro, del condividere, dell’esserci
insieme. Inoltre questo mi ha portato ad allargare ulteriormente i miei
orizzonti chiacchiericci: ancor più di prima l’incontro con gli altri e il
dialogo si è imbastito con la mia attività culinaria. Ho visto tantissimi
amici, gruppi e amati seduti alla mia tavola rotonda (scelta perché siamo
Merlino e i cavaleri della tavola rotonda… irrinunciabile), insomma davanti a
caffè, orzo, succo di mela, dolcetti, vino, pizze e focacce, crostate e taralli,
libri e scartoffie, colori e pennelli, giochi e lana colorata, mi sono vista
girare come una trottola, danzare tra le stoviglie, il forno e i fornelli,
mentre nella cucina, scaldata dal legno crepitante del camino o arieggiata dal
vento del monte Orsa in estate, si è riempita di progetti, di annunci, di liti,
di conoscenza, di studio, di lacrime, di risate, di esperienza, di profumo, di
amicizia…
Adoro cucinare e credo sia lo spazio/tempo più
ricco dove incontrare l’altro, dove innescare, attraverso il dialogo, un vero
cambiamento biografico (individuale o dell’altro).
È come se i mille verbi per descrivere le attività
della cucina possano essere tranquillamente trasferiti sull’anima delle persone
che hanno voglia ed hanno deciso di incontrarsi e darsi reciprocamente
qualcosa. Insieme, nella cucina, nel calore e nella trasformazione avviene
quindi una nuova creazione: l’arte dell’incontro.
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