Recentemente mi sono
trovata in un gruppo a disquisire sulle differenze d’essere, del modo d’approccio
al mondo, giocando linguisticamente e non solo sulle differenze tra pensare,
sentire e volere. Collocando tali “modi” nel corpo abbiamo convenuto che il
volere lo possiamo situare nel ventre e negli arti, ponendoci quindi le brame e
il movimento nel mondo (con le gambe vado nel mondo e con le braccia lo porto
verso di me, inteso naturalmente come esperire). Quindi abbiamo collocato il
sentire nella sfera del cuore, ovvero nella zona ritmica del nostro cuore,
ponendo particolare attenzione alla percezione del mondo, sottolineando come i
nostri sensi (cinque o dodici che se ne voglia accogliere) siano le “porte”
attraverso le quali il mondo entra ed esce da noi, sicuramente lasciando un
grande segno alle nostre emozioni, impressioni, pulsioni. Infine tutti eravamo
d’accordo nel collocare il pensare nella zona della testa. Sebbene il pensare
sia assolutamente assoggettato alle impressioni di cui sopra.
In realtà questi concetti
sono stati masticati in diversi gruppi allo scopo di comprendere il cosa, il come
e anche il perché di un educatore e di come debba comportarsi di fronte a un
bambino: rendersi “casto”, ovvero svuotarsi di ogni pre-giudizio e cercare di
nutrire l’altro come una giovane pianta, partendo dal basso, affinchè nel
fluire della vita il tronco possa rinforzarsi, buttare qualche giovane e timido
rametto e pian piano far germogliare foglioline, fiori e frutti… tutto in
autonomia, invece che cercare di innestare dall’altro dei rami senza domandarsi
se siamo di fronte a un melo o a un pero e soprattutto senza domandarci se quel
giovano fusto è in grado di reggere il peso di questi rami appioppati dal nulla.
Compito dell’educatore è quindi quello di curare con tanto amore le giovani
radici e il fusto esile e flessibile. Come? Attraverso tante esperienze, tante
immagini buone e belle, nel gioco, nel respiro, nel contatto, nel suono, nel
sole… nel rispetto. Come posso aspettarmi che un bambino riesca a comprendere
concetti astratti quando ancora non è matura in lui la capacità di
rappresentare? Sarebbe (purtroppo è nel nostro moderno sistema scolastico e non
solo) come voler fare la farina dallo stelo della spiga invece che dai suoi
chicchi, fare il vino dalla vite invece che dall’uva…
Come dicevo all’inizio, in
particolare mi sono soffermata a pensare ad un germoglio nato nell’ultimo
gruppo… la distinzione tra ricordare e rimembrare. Dopo l’incontro ho cercato i
diversi significati tra vocabolario e internet e mi piace soffermarmi su alcuni
pensieri. Da bambina ero un’assidua lettrice di Topolino e mi ricordo che Eta
Beta disse al suo amico topo che la vera differenza tra il sogno e il ricordo
sta nella condivisione con un’altra persona (immagino che lo abbia detto anche
qualcun altro oltre al saggio Eta Beta). Insomma i sogni appartengono
esclusivamente alla nostra sfera individuale decontestualizzata nel momento
stesso del sogno, invece il ricordo è compenetrato o di altri individui o di
spazio/tempo percettivamente determinato. Ho pensato e ripensato e il
rimembrare mi sembra che stia un po’ a metà strada tra ricordo e sogno:
rimembrare è come un riportare nelle mie rappresentazioni della realtà (ovvero
nel pensare e quindi nel condivisibile) le propriocezioni delle mie membra
(ovvero del sentire e quindi assolutamente individuale come il sogno),
ricordare applica un sistema razionale, sequenziale o meno che sia, rappresenta
la realtà in concetti, invece il rimembrare rianima l’esperienza in vissuti
(percettivi ed emotivi) ma lo riporta comunque in una mappa concettuale di
pensiero, per questo rimembrare risuona tra sogno e veglia, tra me e il mondo,
tra corpo e anima.
Mi è piaciuto immensamente
arrivare alla mia personalissima conclusione che si possono dimenticare i
ricordi ma mai, e dico mai, tralasciare ciò che ci ha compenetrati nelle membra
(al di là dell’esserne consapevoli o meno)… mi allenerò d’ora in poi a guardare
la mia biografia attraverso il rimembrare piuttosto che il ricordare e
ringrazio infinitamente l’occasione offertami da queste persone che, attraverso
un lavoro condiviso, portano dentro di me tanta risonanza, desiderio di
studiare e, in questo modo, portano quel poco che so dentro le mie membra
facendo sì che rimanga mio per sempre. Grazie!
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