...curioso nel mondo!!!


...curioso nel mondo!!!

I gatti sono curiosi, sornioni, saggi e liberi.



La ricerca continua del filo conduttore del significante

mi porta ad infilare i baffoni in molti luoghi interessanti...







mercoledì 30 gennaio 2013

Sliding doors



Le vicende della vita sono curiose e piene di tracce interessanti… avete presente tutti quei contrattempi che si susseguono in certe giornate? Quel concatenarsi di eventi che, tutti insieme, sembra siano programmati per… cosa? Proprio questa dovrebbe essere la domanda… Quando stai per uscire di casa e si rovescia il vaso di fiori pieno d’acqua e inonda pavimento, vestiti, puntualità, ti cambi velocemente e… le chiavi che prima impugnavi noncurante sono scomparse in un’altra dimensione spazio temporale… prendi quelle di scorta perché non si scherza con “l’altrove” e sai che non le troverai mai, anche se son lì scintillanti sotto il tuo muso, corri trafelata in macchina, ormai in ritardassimo, e parti sgommando in una nube di improperi, con in cuore una piccolissima speranza di poter recuperare quel preziosissimo tempo andato… giri l’angolo e ti fermano i vigili…nooooooooooooooo pensi, ma diligente e rassegnata ti fermi (per un attimo hai pensato di far finta di nulla e tirare dritto… ma in un istante hai immaginato la scena tremenda, l’inseguimento, l’inevitabile cattura e poi… no no impensabile, meglio fermarsi). La trafila necessita dei suoi tempi, i solerti vigili se la prendono comoda (non hanno fretta loro), tu friggi sul sedile in attesa, li maledici in cuor tuo e intanto fai un sorriso tirato e melenso che a tratti somiglia ad un ringhio… Finalmente ti liberano… e tu hai perso quella flebile speranza: sei decisamente in ritardo… e la serie continua, nel rettilineo il famigerato vecchio con cappello ti taglia la strada veloce come una volpe inseguita e poi… basta diventa l’essere più lento della terra, sei convinta che inavvertitamente abbia messo un grosso macigno sotto l’acceleratore… frena ad ogni increspatura della strada… speri che svolti… ma niente ti accompagna per un interminabile tratto… sempre più rassegnata con piccoli mugugni isterici convieni con te stessa che è meglio avvisare dell’ormai clamoroso ritardo, rughi indemoniata nella borsa ma lei (come sempre accade in questi frangenti) ha inghiottito il tuo telefono… scomparso… cerchi e cerchi e non lo trovi, fino a quando al limite dello sdegno, ormai prossima alle lacrime, l’uomo/tartaruga svolta… ecco la via è libera… al diavolo il telefono… l’ho lasciato a casa… e ricominci la tua corsa sfrenata… forse recupero qualche minuto… e dove mai starai andando? Cosa può esserci di così importante da ridurti così?
Ma queste domande sono troppo ragionevoli per lo stato emotivo in cui sei precipitata a questo punto… e quindi non fai altro che auto ostacolarti, fai le cose di fretta e le fai male e le devi rifare e perdi tempo e… squilla il telefono, ma come non l’avevi lasciato a casa… no è lì, nascosto nella borsa, non lo trovi, non lo vedi, rischi incidenti per cercarlo… annaspi nella borsa alla ricerca della vibrazione… eccolo, proprio all’ultimo squillo… numero sconosciuto… mannaggia… cresce l’inquietudine… e si potrebbe procedere infinitamente, quando le giornate iniziano così bisogna fermarsi, guardare l’orizzonte e domandarsi perché … come mai sembra che qualcosa mi trattenga?
 Forse oggi devo fermare i giri, pensare, riflettere, essere invece che fare… se sapessimo davvero ascoltare cosa ci dicono questi contrattempi, forse vivremmo più sereni e forse potremmo svoltare un angolo inaspettato e incontrare quella risposta che cercavamo da tanto. L’ascolto, la pazienza e l’accettazione sono i presupposti indispensabili per incontrare la nostra “chiaroveggenza” e cavalcare la nostra vita in armonia: smettere di resistere ed essere capaci di perdere il controllo, non di se stessi, ma delle realtà che ci viene incontro… e sono sicura che allora, ma solo allora, vedremmo meraviglie…

sabato 26 gennaio 2013

Nella collera



All’inizio di questa settimana mi è successo di nuovo: era molto tempo che non cadevo nel turbine dell’ira. Non è una novità per me, sono di temperamento collerico, ho un certo modo di affrontare la vita, affondo i piedi nella terra per camminare e procedo sfrontatamente a petto in fuori nel mondo. Negli anni però ho imparato a dominare i moti estremi di questo temperamento. L’esperienza, il lavoro personale, la poca saggezza data dagli anni che passano mi hanno insegnato a tollerare meglio l’io altrui e a smetterla di prendere tutto come un affronto personale o un torto alla giustizia. Quindi, nonostante il mio “caratterino” che mi pone verso gli altri con i toni dell’assoluto e con ostentata (così pare agli altri) determinazione, difficilmente cado nella collera “vera”. Beh, come dicevo, questa settimana mi è accaduto… poco importa il chi, il cosa e il come della questione, mi interessa guardarmi nella manifestazione di per sé. Tutte le volte che mi è accaduto si è verificata una medesima sequenza di eventi:  la “provocazione” esterna (di solito non intenzionale) si pone unicamente come catalizzatore, sembra che la persona di fronte, improvvisamente ed inavvertitamente, pigi un pulsante nascosto e immediatamente inizia una catena di reazioni chimiche. Un flusso caldissimo di sangue inonda letteralmente tutta la mia testa, le mani diventano roventi ed è come se mi venisse una forza sovrumana. Ricordo occasioni in cui effettivamente ho potuto agire delle forze non in mio possesso, l’alcol non aveva nessun effetto, stanchezza, fiato e spazio diventavano relativi. Fortunatamente non mi è accaduto questa settimana e comunque non molte volte nella vita, ma come dicevo in questa circostanza odierna  ho forse raggiunto una certa maturità che mi ha permesso (in una situazione di pochissimo danno) di osservarmi in questa mia manifestazione. Ho riconosciuto la forza, l’energia e il calore che si appropriano delle mie membra ed ho anche riconosciuto che non può essere ricondotto ad un “vizio”, insomma, una volta innescato, è qualcosa di assolutamente incontrollabile… certo la portata d’effetto nei confronti dell’altro può essere quantomeno misurata, ma gli effetti puramente fisici no. Certo che se il corpo si inonda di ormoni, enzimi e reazioni chimiche, diventa alquanto difficile discriminare le proprie emozioni e non provare rabbia, sconforto, frustrazione, impotenza e tante altre cose che uno scoppio di collera si porta dietro. Non finisce qui, perché gli effetti si protraggono nel tempo, anche quando l’oggetto di rabbia se ne è andato… è come se una marea dovesse piano piano ritirarsi… lasciando un sacco di detriti, infatti la fase finale è una stanchezza smodata, un vuoto silenzioso, un silenzio svuotante…

Ho pensato che in questo momento la collera volesse dirmi qualcosa, l’ho trovata come una forza di contrasto al mio agire, al mio pensiero volitivo di questi tempi, come una regressione per sondare quanto in verità io sia pronta a fare un salto. In verità non conosco la risposta ma comprendo bene che c’è qualcosa di estremamente divorante che accompagna la mia vita, come una tigre li acquattata ai miei piedi, fintamente ammansita ma pronta al balzo per divorare… il prossimo? No sempre e comunque me stessa… credo che ognuno abbia la sua fiera (mostro, demone, doppio, drago) da portarsi a spasso…  credo che in questi giorni ho compreso che la belva c’è, è lì che attende ogni spiraglio per avventarsi sulla mia vita ma sento che qualcosa è cambiato, sento che non prende più il mio posto, come si suol dire, non mi rende più cieca di rabbia… bensì la vedo, la osservo e l’ho integrata nella mia vita… quindi, sebbene abbia sempre zanne e artigli molto affilati, la tigre non fa più paura…   

giovedì 24 gennaio 2013

Ci sono giorni, intimi giorni, infiniti giorni…



Ci sono giorni che la vita ti restituisce la tua immagine riflessa in mille specchi, giri o vaghi o percorri o corri nella tua vita, ed ogni incontro è come un frammento di uno specchio andato in frantumi per un sortilegio… benevolo? Forse sì… 
Perché questa frammentazione e questa “riflessione”, buona o cattiva che sia, ti fa sentire più vivo che mai, esistente, presente…


Ci sono giorni che vorresti essere invisibile, anonimo, quasi inesistente. Ti piacerebbe scivolare lievemente nelle gravose incombenze vivendo al minimo, senza pensare, senza sentire, senza volere… solo respirare…


Ci sono giorni che il cielo è così ampio che guardarlo crepa il cuore ed è come rimembrare un “giardino” perduto. Ti soffermi ad annusare le nuvole violette, a bere l’azzurro cristallino, a sfidare il giallo scintillante e guardi lì lontano, remoto… la linea d’orizzonte come se … potessi davvero spiccare il volo…


Ci sono giorni che le mani sono calde, bollenti, roventi. Percepisci sfrontatamente i chakra e i punti di energia del tuo corpo e senti l’emanazione di te… un sodalizio con il cosmo, un’appartenenza carnale.


Ci sono giorni in cui il pianto ti scuote integralmente sin nel pensiero, nel ricordo, nel midollo, nel cordone…


Ci sono giorni che senti così fortemente l’io altrui che i frammenti si ricompongono e non c’è più uno specchio che ti riflette ma il mondo intero ti compenetra.


Ci sono giorni che sai di essere stata madre centinaia, migliaia, milioni di volte e sei felice, incondizionato, appagato, all’unisono…


Ci sono giorni, intimi giorni, infiniti giorni…

martedì 15 gennaio 2013

L’arte della gioia




Lo sapevo, ero consapevole durante le vacanze invernali che rimanevano pochi istanti per rilassarsi, rimandare le incombenze, indugiare nel nulla.

Ho percepito chiaramente che si stava avvicinando una nuova epoca della mia vita e in effetti così è.

Ho assaporato dolcemente la compagnia prolungata dalle mie piccoline, di Cristian e degli amici cari. Ho goduto profondamente nel depositarmi dolcemente nella nostra casetta riordinando, abitando e osservando i nostri spazi (oserei dire fisici e mentali).

Il 7 gennaio il solito ritmo (frenetico) si è ricomposto velocemente ed è cominciato questo precipitevolissimevolmente nella vita, nel fare, nel progettare, nell’incontrare …

Sono stati giorni densi e significativi e quello che mi sembra più interessante è soffermarmi e osservare che il mondo mi porta incontro “lo stare in gruppo”.

In diversi ambiti della mia vita mi ritrovo a scambiare profondi attimi di intimità (e attività) con numerosi e variegati gruppi. L’incontro è diventato fitto ed entusiasmante. Mi ritrovo sempre in circostanze significative e mi sembra di sentire un risveglio lungo la colonna vertebrale. Si sommano momenti sociali ludici, professionali, culturali, pedagogici, biografici.

Sembra la realizzazione di un sogno atavico non ancora cosciente (fino a pochissimo tempo fa). Sapevo di voler realizzare qualcosa legato all’incontro, ma non avevo ancora compreso che la mia strada corrisponderà ad un percorso artistico. Nello scorso week end, insieme a persone tanto care, abbiamo organizzato un seminario sulla biografia e i dodici sensi. Anna (una persona estremamente disponibile e competente) ha riempito il nostro fine settimana di presenza, intensità, continuità dell’essere e spiritualità. Attraverso una sfera del cuore aperta e vibrante questa donna meravigliosa ci ha accompagnato a riconoscere le 12 porte del percepire usando come veicoli l’arte (l’ultima cena di Leonardo da Vinci), il contatto con l’altro, la dedizione verso l’essere umano, il mito (quanta verità e simbologia). La forza di  Anna sta nella capacità di far risuonare quello che porta grazie alla sua incommensurabile capacità di “collegare, rievocare, offrire” informazioni presenti dentro ognuno di noi. Riesce a “dare” voce, immagini e pensieri all’inconscio collettivo. È il terzo seminario che seguo ed ogni volta mi sento nutrita profondamente e provo un sentimento di immensa gratitudine per quanto è in grado di portare Anna al gruppo. Sento anche in modo molto forte quanta energia le occorre per esserci con questa qualità straordinaria e la ringrazio di offrirsi come veicolo per il pensiero vivo del cosmo intero.

Tra gli innumerevoli spunti di studio ci siamo soffermati per un attimo a disquisire sulla differenza tra gioia e felicità. Senza avere alcuna pretesa di infilarci in una corrente filosofica o mistica o semantica, abbiamo convenuto (coralmente alla fine) che la grande differenza sta proprio “nell’essere”. La felicità presuppone il raggiungimento di un obiettivo, una meta o la soddisfazione di brame e desideri. La felicità è contingente all’attimo, al raggiungimento, al compimento, quindi assolutamente momentanea. La gioia è uno stato d’essere: vivo le esperienze con un atteggiamento contemplativo, indipendentemente dal raggiungimento delle mete, dal mio stato d’animo contingente e dagli accadimenti che mi vengono incontro.

Gioire della vita vuol dire gioire del proprio percorso di vita che in taluni momenti sarà felice ed in altri può anche essere affranto. La gioia presuppone gratitudine, appartenenza e capacità di affidarsi. La  gioia è il risultato dell’abbandono delle aspettative, mi pone di fronte al mondo con sincera e onesta curiosità. In questo modo diventa più facile accettare le sconfitte, la perdita, l’inadeguatezza e tanti altri stati che la vita necessariamente ci porta incontro. Cambia la prospettiva e il punto di vista (tenendo conto che ce ne sono almeno 12!!) L’arte della gioia vuole che ci si inoltri nei propri percorsi di vita con amore, come se si percorressero sentieri nuovi da esplorare, dove soffermarsi e godere del tragitto, piuttosto che anelare alla meta da raggiungere.

L’arte della gioia è un percorso dell’identità personale che ognuno dovrebbe fare per cogliere a piene mani della straordinaria meraviglia che è la vita stessa.

E ieri, a tal proposito, a una bimba di 6 anni e 4 mesi, timidamente, timorosamente e gioiosamente, è spuntato un piccolo dentino permanente… che emozione, ho sentito come un brulichio nella schiena e guardando i suoi occhi emozionati e fieri mi inondo di gioia e felicità, contemporaneamente, cogliendo la mia piccolona che si affaccia al mondo incarnandosi sempre più. Nuove epoche, nuovi tragitti, nuove prospettive… che gioia!!!!


lunedì 7 gennaio 2013

Capricorni e compleanni

Fra poco è il mio compleanno. 
Sì sono un dannato capricorno... Il capricorno è un segno duro e scolpito nella pietra: granitico impone se stesso al mondo... almeno così io vivo il mio essere capricorno. 
Mi sento incarnata e presente sulla terra con il mio peso, la mia persona e il mio essere tutta intera. 
Sento molto il compleanno, sento intimamente la portata della commemorazione dell'essere arrivata al mondo, percependo, ogni volta, che si attua un passaggio da un'era all'altra nel continuo mutamento che è proprio dell'essere umani... 
Ogni gennaio sento forte questo passaggio delle me medesime ed è come se fossimo qui tutte insieme trepidanti, impaurite, incalzanti, sornione, determinate... tutte le me stesse che hanno partecipato a rendermi effettivamente quella che sono. 
Per un giono sono lì tutte insieme ad accogliere il futuro, una nuova parte che si compenetra alle altre. 
Quanto è difficile condividere tutto ciò con chicchessia e i compleanni si susseguono veloci e si accavallano tra loro e penso alle torte, ai brindisi, alle lacrime, ai giochi, alle sorprese, alle attese, alle delusioni, alle solitudini e alle moltitudini, all'esserci e all'annebbiarsi, al cantare, al soffiare, al ballare e all'amare. Tutti questi compleanni si sono susseguiti negli anni e mi hanno portato dall'infanzia alle prime domande, dalla sfrontata e disperata adolescenza alla seduttività della gioventù, dal bramare dell'adultità all'amare incondizionato della maternità... quanti momenti e non posso, non posso proprio passare attraverso il mio compleanno e in qualche modo non onorarlo attraverso pensieri, sensazioni e percezioni dolcemente malinconiche e a tratti nostalgiche. 
La profondità d'essere e la serietà del capricorno mi chiamano alla terra e a gennaio mi sento, nello stesso momento, invincibile ed estremamente vulnerabile e ... in verità adoro sentirmi così!