...curioso nel mondo!!!


...curioso nel mondo!!!

I gatti sono curiosi, sornioni, saggi e liberi.



La ricerca continua del filo conduttore del significante

mi porta ad infilare i baffoni in molti luoghi interessanti...







giovedì 24 dicembre 2015

Papà Natale di Irene Cattaneo

Ecco la storia di cui parlavo, una storia dolce che racconta di una bimba che nel passaggio del rubicone soffre, dubita e, infine ritrova se stessa, la speranza e la fede... della sua coscienza e del suo amore per la sua famiglia. Una storia esemplare per lo Spirito del Natale! Buon Natale e buona fiducia a tutti!

Papà Natale
Vento e vento di fuori; vento freddo che porta con sé un po’ di profumo, ma leggerissimo, di terre lontane che, mentre qui tutto si dissecca e si addormenta per l’inverno, espirando verde, fioriscono sotto l’appello della primavera. L’aria turbina attorno alla casa chiusa che apre sulla nera notte di dicembre le sue finestre illuminate: sembra che il vento voglia portarla via, ma la casa tiene bene il suo posto.
Non è ancora Natale, il Bambino non è ancora nato. Ma si aspetta il Natale, papà Natale, il Vecchio che è gioioso nel suo declino perché sa che fra le nevi germina la creatura nuova; il vecchio bonario che ama i bambini e viene loro messaggero dell’intima felicità che li illuminerà a Natale, quando il figlio di Dio nasce per ogni uomo che vive sulla terra. Si aspetta Papà Natale e la casa è in subbuglio. Non si può andare dove si vuole. Certe stanze vanno lasciate tranquille perché il Santo vecchio possa venire indisturbato. “Non si deve andare nella sala da pranzo!” ha detto la mamma che ha un misterioso colloquio con Papà Natale, già da un po’ di tempo, e sa quando e come verrà e in qual modo bisogna parlare e agire con lui.
Il fratellino più piccolo ha un po’ paura: se ne sta quieto e silenzioso nel suo seggiolino stringendo le manine come fa la sera quando dice con la mamma il Padre Nostro.
I due di mezzo sono irrequieti: essi hanno già del vecchio Natale un ricordo, perché è stato così buono l’anno passato, ha portato tale belle cose a loro, proprio quelle che desideravano di più. Sì, lo sanno. Ci sarà un momento, quando si accenderanno i lumi dell’albero e si spegneranno tutti gli altri, quando ad un tratto si aprirà una porta, proprio quella che non ci si aspetta di veder aprire… sanno che allora sentiranno il cuore battere forte … e … chi sarà più buono di cantare bene la canzoncina che la mamma ha insegnato? Mah! Si vedrà. Però Tonino e Pia sono agitati e non sanno stare fermi. Sono contenti, ma di una contentezza un po’ turbata: e, nello sforzo di essere più buoni che mai, bisticciano e si rimbeccano sottovoce. Tonino vorrebbe che Pia non parlasse tanto e fosse più quieta. Pia vorrebbe che Tonino parlasse per far passare il tempo più presto e per distrarsi un po’ dalla commozione che viene, nonostante tutto, viene, viene man mano che si aspetta.
Ma c’è Elsa, la maggiore che non si vede. Dov’è? È in corridoio, al buio, da sola. Ha un male di dentro e non può fare a meno di pensare a tutto quello che le hanno detto le compagne: che non è vera la storia di papà Natale, che è roba da bambini piccoli, che papà Natale è il babbo che lo fa, che è una vergogna che lei Elsa ci creda ancora; tutte cose che l’hanno fatta proprio soffrire. Tutto l’anno ha resistito; ma ora che deve venire, ora che forse fra poco lo vedrà, ha un dubbio terribile e non può attendere felice; e vorrebbe sapere. La mattina aveva parlato un poco con la mamma davanti ai fratellini. E la mamma l’aveva guardata con uno sguardo severo:
"Senti, Elsa, se tu non credi a papà Natale è meglio che tu oggi vada a passeggio da sola; se no, sciupi la festa a tutti. Papà Natale viene per chi ha fede!"
Elsa si era sentita misera e buia come quelle candeline che si spengono sull’albero prima del tempo, chi da perché, e fanno un buco nero in tanta luce, e spandono un cattivo odore. Ma aveva subito deciso di non uscire sola come aveva detto la mamma, ma di restare in casa con gli altri e … vedere.
Sarebbe stata zitta coi fratellini che non potevano capire il suo cruccio, ma sarebbe stata lì anche lei, al suo posto. Però in quell’oretta di attesa, non poteva stare con gli altri; temeva che il cattivo umore trasparisse e che non voleva più vedere sul volto della mamma quell’occhiata triste e piena di rimprovero. Ma la mamma, la mamma credeva anche lei a Papà Natale? …E il babbo? … Oh! Ma dov’era il babbo? Quest’ultimo pensiero l’assorbì tanto che, per un momento, non pensò ad altro: non era al lavoro perché era domenica, e, se era in casa, perché il suo soprabito e il cappello non erano lì in corridoio al solito attaccapanni? … Oh! Che scoperta! Come non se ne era accorta prima?
Un grande caldo salì alla faccia di Elsa; certo: aveva vergogna di essere lì davanti all’attaccapanni e di aver scoperto una cosa che certamente non si doveva sapere e non si doveva guardare. Ma il fatto restava e l’agitava: il babbo era in casa e invece di mettere mantello e cappello al solito posto, se li era portati nella sua camera da letto: perché? Perché? Una seconda volta il sangue corse alle guance di Elsa. Anche questo “perché” era indiscreto e curioso, un po’ come una profanazione… ma ormai il demonio della curiosità era entrato nello spiraglio che la poca fede di Elsa gli aveva aperto, e la faceva da padrone e non permetteva più ad Elsa di stare tranquilla se non dopo che avesse saputo il perché dei perché. Ed Elsa, rossa e vergognosa come se, sapendolo, stesse per commettere una colpa, si avviò verso la sala da pranzo, dove non si doveva entrare. Non era la prima volta certo che disubbidiva alla mamma; ma era la prima volta che lo faceva, non per dimenticanza o disattenzione, ma perché proprio voleva farlo. Camminava piano in punta di piedi nel corridoio e si sentiva infelice come non era mai stata; ma la decisione presa era più forte di lei.
Arrivata alla porta ben chiusa qualcosa la fermò di botto e le impedì di aprire. E se, veramente, si fosse incontrata con Papà Natale che doveva arrivare da un momento all’altro? Con quale sguardo l’avrebbe guardata? E avrebbe magari in un lampo sentito tutto quello che lei pensava e sentiva!
Il gran caldo che prima aveva alla faccia ora improvvisamente discese al cuore, e vi sentì dentro un pentimento forte e dolce insieme. Il cuore batteva tanto forte che Elsa si guardò attorno perché se la mamma fosse passata passata di lì certo l’avrebbe sentito. M il corridoio era buio e solitario e la mamma non c’era; anzi, tendendo l’orecchio si sentiva la sua voce venire dalla camera del babbo, che era vicina alla sala da pranzo.
Parlava molto sottovoce con qualcuno, ma il “qualcuno” rispondeva ancora più sottovoce, anzi non rispondeva quasi niente. Forse si spiegava con cenni del capo… o Dio! Era il babbo o papà Natale? Un momento in cui Elsa non sentì più niente attorno a sé. Rapidamente la sua mano aveva aperto la porta e prima ancora di aver formulato un pensiero si era trovata sulla soglia, con la testa dentro e la persona nel vano della porta, nascosta dall’uscio socchiuso. Sul primo istante non vide nulla, soltanto si meravigliò che, pur essendo tutto spento e vuoto, vi fosse abbastanza luce; poi si accorse che l’uscio che dava alla stanza da pranzo era semiaperto. Ne ebbe una sensazione di conforto; non era più così sola in quelle stanze silenziose col suo tormento, il suo dubbio e la sua tentazione.
Una vocina di dentro, come prima, l’avvertì che bastava, aveva già visto molto, che poteva andar di là, e tutto le sarebbe stato perdonato. Ma qualche cosa in lei ribattè immediatamente: “Ora che il più è fatto voglio vedere tutto e starò qui fino a quando il babbo…”.
In quel momento si vide la mano della mamma aprire bene tutta la porta da cui entrava la luce affinché la grande figura curva, carica del sacco e con in mano un verde ramo di abete potesse comodamente passare.
- Hai tutto? – sussurrò la mamma.
- Credo – rispose la voce strana di sotto il cappuccio appuntito.
- Allora va a bussare all’altra porta ed io ti vengo ad aprire. Puoi fare da solo?-
- Credo – ripetè ancora più piano, quasi commossa, la voce. La mamma scomparve e si spense la luce della camera accanto.
Un attimo ancora Elsa rimase ancora sulla porta, al buio, guardando fissa al di là; ma quell’attimo le parve un secolo. Il suo cuore non batteva più: aveva l’impressione che non potesse più riprendere il suo ritmo: ma ora Elsa rimaneva coraggiosamente. La colpa era commessa, ci voleva l’espiazione. Essa tacitamente la domandava, e stava lì per soffrire ancora un po’ guardando il suo papà così camuffato, carico, curvo e tremante. Sì: lo vedeva tremare in quei pochi passi che fece per attraversare la stanza fino all’uscio del salotto. Era proprio il suo babbo ma non sembrava più lui; e non per il vestito diverso; pareva che il peso di un mondo lo curvasse e un vento lo scuotesse tutto, togliendosi ogni pesantezza ed ogni equilibrio.
Lo vide allungare la mano per tastare il sacco che aveva sulle spalle e allora parve ad Elsa che lo sguardo di lui si incrociasse col suo… ma perché non la riconosceva? Gli occhi tranquilli la sorvolarono nella semioscurità guardando oltre, lontano, chissà dove. E ancora si udì nella stanza silenziosa la voce dire piano a se stessa come una risposta:
-Credo!
Tutto questo in un batter d’occhio, durante il quale la mamma, spente tutte le luci, si avviò rapidamente al salotto.
- Ora si accende l’albero – e le parole risuonarono nella casa come una squilla di liberazione.
Allora Elsa, improvvisamente, presa da un’agitazione gioiosa, chiuse anche lei con un colpo secco la porta che teneva socchiusa: “Ecco, così tutti si saranno accorti che ho visto”, pensò; ma nel suo gesto c’era più un desiderio di chiarezza, una conclusione piena di vittoria della sua avventura, che non cocciutaggine. Ed ebbe proprio l’impressione di aver annientato con un colpo secco anche il nemico che l’aveva tentata. Sicuro; le avevano insinuato che se lei avesse saputo non avrebbe più creduto; invece ora sapeva e credeva, ancora più di prima.

Era una grande vittoria; e quando, poco dopo, la sua voce si unì a quella dei bambini cantando Alleluia la mamma si voltò a guardarla. Essa sostenne lo sguardo coraggiosamente e si sentì felice di poter collaborare con i genitori a questa festa di fede dei bimbi; questo scambio di sguardi fu come una calda stretta di mano fra due creature amiche che d’ora innanzi cominceranno a lavorare insieme in un modo nuovo. Alleluia! Alleluia!
Irene Cattaneo



Aspettando il natale, ogni anno, si riconosce la nostra essenza divina e la stessa appartenenza celeste! Buona festa 

mercoledì 23 dicembre 2015

Una festa davvero speciale: il Natale!


Una giornata speciale, carica di momenti, di intimità, di fiori, di lacrime, di baci, di pensieri, di regali, di amicizia, di sensazioni, di...

Sono ufficialmente in vacanza! Stramazzo dal sonno ma, sapendo che finalmente giunge la meritata pausa natalizia, voglio scrivere due istanti, qualche frammento di me, di questo Natale così speciale e presente, di nutrimento e presenza..
Una festa davvero speciale il Natale: trafelata corro e mi affanno, eppure... eppure sento fortissimo  che quest'anno sta nascendo qualcosa dentro di me, una nuova consapevolezza che mi dona e mi donerà nuove e spero ricche prospettive.
Stamattina sono corsa a scuola con le bimbe cercando di giocare con qualche minuto di anticipo sulla marea del traffico, consegnate le mie dolcezze a scuola mi sono soffermata a chiacchierare con le mamme mie care amiche, nonostante la fatica e la sensata nausea per tutti i preparativi natalizi, adoro ritagliarmi qualche momento per chiacchierare amabilmente con la bella ricciola Sara e la dolce e generosa Simona. Ci siamo consolate a vicenda della stanchezza, sdrammatizzate dai legittimi malumori e siamo riuscite anche a farci qualche sana risata.
In ritardo, come spesso succede in questo periodo, corro in ufficio ed è sempre lieto vedere le facce dei miei colleghi che mi aspettano sorridenti e non mancano mai di accogliermi con un caldo e sincero saluto. E' una mattina festaiola, la vigilia dell'antivigilia, e le incombenze lavorative si cerca di sbrigarle velocemente, ci siamo scambiati due coccole e due regalini e siamo partiti (il più velocemente possibile e nonostante le beghe che persino in questi giorni si presentano più fastidiose che mai)... insomma velocemente sono arrivata in plenaria, accaldata, comunque contenta e desiderosa di salutare le mie care maestre, facce amiche, compagne di viaggio e faticoso percorso.
Per oggi avevo preparato una storia natalizia, l'ho letta ad alta voce ed è stato molto catartico per me... la storia di Irene Cattaneo "Papà Natale". Mi commuovo sempre quando la leggo, ma oggi è stato davvero incredibile (oltre che imbarazzante). Ad un certo punto, leggendo, la commozione ha preso il sopravvento e non sono riuscita a trattenere le copiose lacrime che sono emerse prepotenti. Ripeto è stato alquanto imbarazzante, ma in qualche modo in questo gruppo mi sento a casa, ci sono relazioni più consolidate di altre, persone a cui sono più o meno (molto meno) simpatica, ci sono amiche, eppure mi sento a casa, perchè ci siamo viste reciprocamente così tanto, con amore, con presenza... negli anni e nei momenti... e infine diventa un terreno neutro dove è possibile essere e basta... ed oggi ho sentito e voluto (poco pensato devo dire) che fosse tanto anche per me.
Non so (e anche lo so) di preciso cosa sia scattato in me, ma incontrare questa bimba della storia (perchè ebbene sì mi sono identificata moltissimo nella bimba di nove anni del racconto), insomma Elsa mi ha donato PROFONDAMENTE un senso di fede e comunione. Questa storia (e questo Natale) mi hanno donato (oggi in particolare) un nuovo senso di me, un'armonizzazione di qualche me stessa passata che ancora non aveva del tutto digerito certi momenti infantili un pò deprivati... ed oggi si è colmato un altro pezzettino... e ringrazio il Natale per avermi offerto questo grande dono e ringrazio tutte le "mie maestre" per averlo reso possibile con la loro presenza benevola e un grande e caloroso abbraccio. Mi sono sentita sostenuta e questa è fratellanza: grazie!
E così la giornata è diventata ancor più impegnativa del previsto, perchè inoltrarsi nei meandri di sè è sempre un viaggio particolarmente ed emotivamente faticoso. E' stato bello raccogliere il desiderio di tanti che vogliono esserci, che hanno augurato con tanto amore la pace, la serenità e l'unione nel cerchio di saluto. Quanti abbracci, quanti baci, quanti auguri e vi ho sentite... 
Un festoso e gustosissimo pranzetto natalizio con i soliti colleghi d'ufficio, poi, ha rinfrancato il mio spirito e colorito ulteriormente questo momento natalizio e di comunione. (Oltre al simpatico cameriere che smista insalate a tutti, mi guarda in faccia e dice "lei patatine fritte vero?"... Ah! e l'ilarità di questo semplice momento, ancor più ci ha regalato gioia, scambio...).
Il pomeriggio si è dipanato velocemente e sono corsa nei preparativi della Corte Dalì per la conferenza serale. Ho comprato i fiori e poi, quando sono arrivata, ho ultimato gli ultimi preparativi... era presto, guardavo la Corte ... com'era bella...ho sentito un grande senso di gratitudine, per la mia fortuna, il privilegio, la bellezza... e lì, finalmente, è tornato il pianto, non più strozzato e respinto come al mattino, ma giustamente libero: la Corte mi ha abbracciato ed ho potuto così concludere un passaggio e dedicarmi a questo Natale... davvero speciale! 
Nei prossimi giorni, nella calma, nel riposo, nel giorno invece che nella notte, nei prossimi giorni, nelle retrospettive, cercherò di approfondire, di cercare, di dipanare e sviscerare la specialità di questo Natale (per me ovviamente) e c'entra la conferenza sulle dodici notti di stasera... incontrare il Cristo nelle notti sante è quello che voglio, il "maestro" del karma, il bambino di luce, il re dei re, il re della pace... sento che quest'anno è iniziata una nuova era, un nuovo mondo... e il mio cuore è ricolmo di gratitudine.

lunedì 21 dicembre 2015

La Spirale dell'Avvento: il sentiero della fratellanza e..... il raffreddore di Natale!


Il raffreddore di Natale non me lo aspettavo, mi è piombato addosso come un'incudine in un momento che correvo come una forsennata, nelle peripezie e nelle delizie dei preparativi natalizi. Oltre a non poter più respirare, con il naso indolenzito, gli occhi lagrimosi e gli starnuti dirompenti, oltre a tutto questo le membra e la testa hanno d'improvviso reclamato tutto il sonno arretrato delle ultime settimane. 

Niente, ho dovuto cedere ed ho preso una piccola pausa. 
Venerdì mattina ho dormito infinitamente, riposando poco in verità, con quei sonni in cui ti rendi conto di dormire, in cui farnetichi nel pensiero, in cui senti comunque pulsare dolorosamente le meningi. Tra un sonno e l'altro le consuete telefonate di lavoro e risprofondavo, insieme al cane Pepe, in sonni agitati e pieni di sogni. Tutto questo da quando la mia famiglia è uscita di casa alle 7.30 fino al loro rientro... le 14.30.
Mi sono alzata più pesta di prima, ma sapevo che avevo fatto bene, ho bevuto un caffè che ha attutito leggermente il mal di testa. E il Natale si è ripresentato con tutte le sue pretese come se niente fosse. 
Per intenderci, è una festa che amo moltissimo, è un momento speciale, non per i regali, o la famiglia, o i pranzi: è un momento speciale proprio per quel che si attende e infine si festeggia. 
Non è un pensiero che ho da sempre, è qualcosa che mi hanno portato le mie figlie (come sempre maestre di vita). Proprio dedicando ogni mia energia per creare l'incanto per loro, proprio questo mi ha portato a studiare, approfondire e capire veramente la festa di Natale. E penso che qualcosa che veramente dia immagine, sacralità e profondità adeguati al Natale sia proprio la spirale dell'Avvento. 
Ma andiamo per ordine...
Bene, quindi bevendo il mio caffè, tumefatta dal raffreddore e dal mal di testa, ho fatto un breve resoconto di cosa mi aspettava. 
Sabato mattina saggio scolastico della piccolona che, ovviamente e giustamente, ci teneva tantissimo. Subito dopo spirale dell'Avvento alla Monda l'azienda agricola biodinamica vicino a casa nostra. Ah! Fine settimana impegnativo, ed io avrei voluto solo strisciare ancora dentro nel letto.
Mi sono fatta forza ed ho deciso di portarmi avanti, mi sono data una sistemata e sono uscita, ben sapendo che in verità mi avrebbe giovato, togliendomi ufficialmente dallo "status di malata"... sic!
Quindi mi sono trovata in mezzo alla confusione, cercando di difendermi dai compratori impazziti, sentendo il commento sconsolato di un commesso "questo è solo l'inizio"! Eh sì anch'io come gli altri, zombie da ipermercato, vagavo tra le corsie organizzando cesti natalizi, cene prossime e ultimi pensieri di Natale (consapevole che mai più avrei avuto tempo nei prossimi giorni). Sono arrivata alla cassa provata, sudaticcia da influenza, col naso rosso e gocciolante, il carrello ricolmo tra cestini, rotoli di carta regalo, panettoni e altri "pensieri" di Natale. La cassiera mi guardava comprensiva, vedeva il mio affanno ed è stata gentile. Pagato il salasso, prima di avventurarmi nel traffico dicembrino e nella cena con le bimbe, ho deciso di fare un salto al bar del supermercato e mi sono presa un bel prosecco dell'amicizia! Ho brindato a me stessa, a questo faticoso Natale, alle corse di questo periodo, (non tanto per il Natale ma per tutto quello che sto cercando di costruire nella mia vita... e per giunta è anche Natale!!!).
Un momento serafico, un momento per raccogliere le forze e affrontare il dannato raffreddore che invadente e testardo non mi ha voluto abbandonare.
Il sabato è stato faticosissssssssssssimo, avevo le ossa rotte come se avessi dovuto affrontare un'intera squadra di lottatori, ma la giostra ha seguito il suo corso e... ne è ovviamente valsa la pena.
Mentre il papà (maestro) è uscito a rottadicollo perchè doveva finire i preparativi a scuola, io e le piccine abbiamo dedicato tutto il tempo necessario ai preparativi per farci belle! Abbiamo scelto accuratamente i vestiti festosi, ci siamo pettinate, profumate e tra uno strillo e l'altro "forza che facciamo tardi" - "metti via quei giochi" - "lavatevi i denti" io continuavo a starnutire inesorabilmente. Siamo partite di gran carriera e senza fermate (haimè avrei voluto un altro caffè) siamo arrivare giusto in tempo quando aprivano le porte per consegnare la grandona alla sua maestra perchè si potesse preparare per il suo spettacolo che sarebbe avvenuto un'ora dopo. Piacevolezza... ho visto gli strumenti del papàmaestrocristian faticosamente portati e pronti al loro posto, ho salutato cari amici di percorso, parlato amabilmente con la "zia" Claudia e, infine, io e la piccolina ci siamo intrufolate ad assistere anche allo spettacolo di IV e di V. 
Che meraviglia questi bimbi, dritti come fusi, di fronte a tutti, hanno portato lietezza, vero spirito natalizio, il risultato delle loro fatiche, non tanto aver preparato uno spettacolo, quanto il loro modo vivente di stare a scuola, dove ogni parte di loro è chiamata ad esserci, con il ritmo, con il calore, con il cuore... quanto amo questa scuola, da pedagogista penso che non ci possa essere un metodo migliore di quello delle scuole Waldorf. 
I bambini vengono accompagnati dai maestri, dalle materie di studio, dal ritmo dell'anno nel rispetto dei loro tempi di crescita organici, psichici ed emotivi: una scuola che ha un profondo radicamento nell'antropologia umana. E poi questi bimbi li conosco da sempre, li ho visti piccini all'asilo compagni delle mie figlie, li vedo crescere di anno in anno, alcuni li frequentiamo anche in amicizia e sento un calore e un rimescolio nel cuore nel vederli prendere forma e diventare ragazzini. Guardo la mia piccolina, all'ultimo anno di scuola materna, la guardo seduta in prima fila con la schiena dritta dritta che osserva e beve e freme perchè sa che fra poco toccherà anche a lei. 
E poi su di corsa nella classe III dove c'è la sorellona, ci attende lei all'ingresso e ci accompagna ai nostri posti, lascia il posto migliore per la sua sorellina. E' tutta fiera, mi guarda dal suo posto, felice di essere lì, felice che io sia lì a vederla. Comincia il saggio e sono meravigliosi questi bimbetti che portano un pezzo del loro sapere a noi genitori. Lo fanno con serietà, con amore, concentrati e fieri. 
E' tutto un battito e poi si corre tra spuntini, saluti, regalini ai maestri, auguri tra genitori, giacche, cappelli, sciarpe e starnuti. Recupero una bimba e nel frattempo perdo l'altra, le recupero entrambe e il cancello è chiuso, no bambine dobbiamo fare il giro... no una è scomparsa di nuovo... rincorrendo un'amichetta! Ce la posso fare! Guadagno l'uscita, le afferro per la giacca e finalmente arriviamo all'auto, aspettiamo il papàmaestrocristian che carica i suoi strumenti e decidiamo di concederci un piatto di pasta nel ristorante lì vicino e ... sorpresa hanno avuto la stessa idea anche un'altra famiglia, un compagno di mia figlia... ed è stato piacevole continuare festosamente, rimanere in questo clima di vicinanza, di Natale, di amicizia, contenti di sapere che anche loro sarebbero andati alla spirale d'Avvento.

E siamo arrivati, trafelati, accaldati (perchè questo dicembre è assurdo, oltre a tutto il resto questo sole che accalda ma non scalda mi manda in tilt la termoregolazione). Arriviamo e la Monda ci accoglie come al solito in quella sua atmosfera dolce, tra fiori, campi, candele, festa. Ci aggiriamo in attesa del turno giusto e infine eccoci pronti per la spirale dell'Avvento, con gli amici di scuola, con persone conosciute e amiche, con persone nuove e mai viste, bimbi piccoli e grandi. Ognuno di noi prende la propria mela con incastrata una candelina rossa e attendiamo il nostro turno. Entriamo: la sala è buia, illuminata solo da alcune candele; nel centro della stanza c'è il ceppo con sopra appoggiata una grossa candela accesa, vicino ad un mazzo di fiori (gigli bianchi e rose rosse) da lì parte una grossa spirale fatta di rami di abete. Ai lati della spirale ci sono delle sedie dove ci accomodiamo. Un trio di musicisti intonano con arpe e lire delle musiche natalizie e noi, uno ad uno, entriamo nella spirale con la nostra mela, accendiamo la candelina e tornando indietro la depositiamo in un punto della spirale. 
L'effetto è grandioso, straordinario! Il vero significato dell'Avvento: ognuno con la propria individualità porta una fiammella di luce che, lasciato ogni egoismo e nella fratellanza, illumina il cammino di tutti, così come il bambino di luce ha fatto, e fa ogni Natale, per l'umanità tutta. E' un pensiero così bello che ogni anno, ripercorrendo quella spirale, mi sento inondare dalla pace, dall'amore verso gli uomini tutti... e guardo le mie figlie che con grande disinvoltura entrano in questa spirale, nella semioscurità, serie e concentrare e ogni anno accendono la loro fiammella e la ripongono tra le altre... che gioia che possano crescere intessute di queste immagini, di questi semplici riti che più di ogni altra cosa alimentano lo spirito del Natale e la comunione tra gli uomini... ed è per questo che in barba al mio raffreddore ci siamo buttati a capofitto nel mondo e nella corsa del Natale... per rinfrancare i nostri cuori e la nostra fratellanza.
E oggi è domenica, ho riposato, siamo stati lietamente insieme tra pacchetti di Natale, riordini per la festa, pisolini e lemme lemme il raffreddore mi sta abbandonando... ho capito in prima istanza che non posso tirare troppo la corda, bisogna anche riposare... e questo è uno dei primi propositi dell'anno nuovo... e poi... l'obbligata fermata mi ha permesso di esserci nel saggio di mia figlia e alla spirale d'Avvento non come "una cosa tra le cose da fare"... ma per scelta, nonostante le condizioni avverse... e quindi assaporare e quindi riconquistare il vero significato del Natale. Grazie bimbe mie!



 

mercoledì 16 dicembre 2015

Corte in festa: Santa Lucia e la bellezza di esserci

Come sempre a dicembre  il tempo subisce una mutazione e la relatività diventa estremamente percepibile. Lo so, ne sono consapevole e aspetto il tempo che si trasforma in un precipitevolissimevolmente... eppure ogni anno mi coglie impreparata. Dicembre arriva carico di impegni ancor prima di esserci, pieno di riflessione e meditazione anche nel delirio, pieno di traffico caotico e indisciplinato, pieno di contatti e relazioni anche se si è soli, pieno di stelle e di cielo.Pieno!
In questa corsa sfrenata fermarsi un attimo a scrivere diventa indispensabile, diventa quel momento di retrospettiva di sè e del proprio agito che rende vere e durature le esperienze. 
Sono una persona che si butta a capofitto in innumerevoli attività, ho molti  e svariati interessi, ho molte responsabilità (verso le mie figlie... ma questo impegno lo condivido con tutte le mamme del mondo), ho un pensiero a domino che si rincorre e immagina e progetta.
Questo modo di essere a volte può fagocitare: me stessa, la vita, le relazioni, i ricordi, l'apprendimento... Solo quando mi soffermo e rielaboro alla fin fine anche fermo e registo... e in particolare stasera voglio fissare e sottolineare e annotare e pennellare e rivivere una serata bella e deliziosa, un momento di comunione e calore.
Domenica era la festa di Santa Lucia, la Corte Dalì ha organizzato un evento, un momento di incontro, di gusto, di cultura, di dolcezza, di amicizia, di creatività, di musica, di dialogo, di calore.
Già, il calore... Mi piace soffermarmi a pensare a quanto calore ho sentito in quella serata e i miei pensieri galoppano felici e pensano all'incontro, all'esserci vicini. 
Penso alla mia cara amica Eva che tanto si è prodigata, impegnata (come solo lei sa fare da perfezionista quale è) per realizzare un momento di manipolazione e gioco con materiali naturali. Una semplice decorazione per l'albero fatta con la cannella, ma così elegante e profumata. La rivedo china e dedicata alle persone, nel fare più che mai generosa con gli altri, con il mondo, con me. 
Quanto mi è piaciuto vedere il suo bimbo sorridente rincorrersi con la mia piccolina, amici...

E veloce il mio pensiero corre al viso di Ivano, all'amore che esprime, cauto, ad occhi chiusi, vero, generoso mentre canta, con una voce che a volte sembra non appartenergli, travestita, ingannata, sedotta dal desiderio di essere davvero egoista... eppure no quanto amore nel tuo cantare... nel tuo riempire la stanza con tutto te stesso e la tua voce.

E poi ancora tu amore mio, con la tua chitarra, con la tua passione per la musica... ricordo benissimo Cristian quando mi sono innamorata di te... e stavi accarezzando la tua chitarra e cantavi e sorridevi ed eri luce... ed oggi lì ancora per me, per tutti, per le nostre figlie, per l'arte sociale... insieme.

E poi quei due che insieme sanno realizzare atelier meravigliosi con i bambini, complici nel creare, ritagliare, incollare, accompagnare, spruzzare e tinteggiare mille magie riescono a fare Goffredo ed Elisa, e li penso mentre insieme corriamo affannati a pulire la Corte, organizzare gli spazi, bere una birra, ridere rumorosi e ritirarsi ritrosi. 

E poi Uvertour, Romano e la Diana con il loro delizioso vino biologico e biodinamico... non solo vino, un pensiero, una riflessione, un nettare... non solo ingurgitare ma assaporare, una presenza speciale, accogliente, elegante, ridente... la Diana... sempre presente, sempre bellissima, sempre con me ...

E poi la Claudia che mi vuole un sacco bene e corre come una trottola, una donna nella volontà, si spacca in quattro, si attiva, organizza e se solo vedesse da sè quanti talenti ha... mi sei mancata e sono stata felice quando sei arrivata, ti guardavo e ti ho trovato tanto bella, tanto...
Una Corte piena di amore, piena di voglia di stare insieme e ti guardo Daniela... che bella mamma sei, che bella bimba hai... e la guardo nel marsupio mentre lavorate e girate e partecipate... tu e la bimba "ridosa" che non aspetta altro che un accenno lieve per fare un grande sorriso... ed è merito del tuo amore, del vostro amore, tuo e di Marco...
E poi penso agli amici che non mancano mai... piccoli istanti rubati in una giornata rutilante... fare una rosa con Valentina, ridendo e scherzando, abbracciare Daniele mentre fumiamo una sigaretta, guardarci per un istante, profondamente con Michela, riconoscersi con Anna e sapere che cominceremo insieme a costruire percorsi d'arte, e nuovi arrivati e vecchie conoscenze e la cura del cibo e del buffet... quante immagini, quanti momenti che si rincorrono alla rinfusa nella mia mente. I bambini che corrono e giocano e Sara, cara Amica, ti aspettavo, e sei arrivata.
La Corte... un luogo vibrante, la nostra sede: vestita a festa, imbellettata per accogliere, per com-prendere, per offrire, per crescere. Gongolava guardando quanta vitalità, quanto amore, nello stare insieme. 
Più di una festa, più di una degustazione, più che laboratori, più ...
un momento vivente di arte sociale e questo mi fa sentire così bene, così serena... lo so che è dura, difficile, che tenere in piedi un'associazione comporta sacrifici, nessun vero guadagno, ma tanto lavoro... ma lì tutti insieme eravamo una comunione, una promessa mantenuta sulla bellezza dell'essere umano che sempre è capace di far ardere la propria scintilla divina. 
Ed ora sono qui che cerco di scrivere per quello che sono, non descrivo, non racconto, cerco di trasmettere il sentire, il colore dei momenti, i suoni dell'anima, le vibrazioni delle relazioni: è il mio stile ed è come un'istantanea su una giornata che è stata un trionfo dell'essere solidali l'uno con l'altro.
Grazie a voi, a tutti voi, anche a chi non ho nominato ma che ho nel mio cuore  

... grazie di correre insieme a me...

sabato 12 dicembre 2015

Mamma oggi abbiamo fatto il formaggio

Ieri la mia bimba più grande è uscita da scuola saltellando. Lei quando è felice fa così, sembra una farfallina. E' venuta di corsa e mi ha mostrato il suo trofeo - mamma, mamma oggi abbiamo fatto il formaggio!-
e con la manina ha tirato su il suo sacchettino trasparente che faceva intravedere, dentro un piccolo cestino di plastica, una simpatica caciottina.
Che delizia ascoltarla raccontarmi nei minimi dettagli l'esperienza, mentre ride tutta e conclude -mamma per la cena siamo a posto c'è il formaggio che ho fatto io! - e saputo che saremmo andati dai nonni è stata ancor più felice e meditabonda ha detto - c'è n'è in abbondanza per tutti... se facciamo fette piccole.-
In classe III, nella scuola Waldorf si fanno i mestieri e quest'anno la piccolona ha già scoperto un sacco di cose: in autunno è andata a raccogliere l'uva e a fare la pigiatura con i piedi per fare il mosto; è andata a fare la farina al mulino, ha visto il fabbro all'opera con i ferri roventi e, ieri, ha provato a fare il formaggio, grazie alla signora maestra del formaggio dell'azienda agricola Valle luna, che è venuta a scuola e si è prodigata ad insegnare ai bimbi a mettere il caglio, raccogliere i fiocchi ecc. ecc. Visto che in classe sono in 12 i bimbetti hanno battezzato il loro formaggio "dozzinello".
Oltre ai momenti indimenticabili che rimarranno come eredità a mia figlia, come una sensazione di amore e stupore per la scuola e lo studio, oltre a tutto ciò, in questo momento tanto particolare dei 9 anni, nel passaggio del rubicone, parlare di mestieri è come gettare un ponte nel saper fare che domani diventerà un saper essere.
Passare il rubicone, così come è stato per Cesare, è una via senza ritorno, si perde il mondo fantastico dell'infanzia e si comincia a poggiare i piedi ben saldi sulla terra, a propriocepirsi come un io e, per questo, haimè, separato dagli altri... e da qui nascono i primi moti di solitudine, di pensieri sulla morte, di dubbi sui genitori...
E ieri quando l'ho vista saltellante, gioiosa, illuminata, fiera di sè, orgogliosa di portare il SUO formaggio sulla tavola, ho provato tanti e tanti sentimenti: mi sono sentita anch'io fiera, divertita e, non ultimo, l'ho vista che sta crescendo che sempre più si allontana da me e quel che si dice è vero...prima degli 8 anni i bambini perdonano tutto... dopo no... bisogna essere cauti con loro e ricordarsi che ci guardano e cominciano a giudicare le nostre azioni... figlia mia com'è arrivato in fretta questo momento! E fra tutti questi sentimenti c'è anche forte, certo e sicuro un sentire caldo di gratitudine... per le mie bimbe che tanto amore portano nella mia vita, al mio caro amore Cristian, compagno di vita, di viaggio, d'amore, e a questa scuola che ho incontrato, ai maestri, agli altri genitori che, tutti insieme, rendiamo possibile questo bel viaggio, una comunità che ha a cuore i bambini, il loro benessere e il loro futuro. Grazie davvero compagni di via...

mercoledì 9 dicembre 2015

Mercatini di natale: non luoghi dell'essere

Natale, tempo di tante cose, di tanti eventi, di tante fatiche, di tante riunioni, di tante ricerche, di tanto...
Fra tutti questi tanti ci sono anche i "Mercatini di Natale": innumerevoli, disseminati in ogni paesino, contrada, rione, sobborgo. C'è chi gioca d'anticipo e organizza l'evento già in novembre, c'è chi sfrutta la corsa agli ultimi regali e propone le bancarelle nei giorni che precedono la Vigilia, comunque per ognuno regnano poche ma chiare parole d'ordine: cibo in quantità (cioccolate, salamelle, frittelle, polente, crepes  o piadine), travestimenti da babbi natali più o meno organizzati (a piedi, sul carretto, in compagnia, con sacco di dolciumi o campanelli tintinnanti) e infine bancarelle fino alla nausea (non importa cosa vendi, l'importante che esponi, riempi, mostri).
In questa giostra di Natale si buttano fiumane di persone che, accalcate, afflitte, infreddolite ed annoiate, vanno cercando che cosa? Non sono regali, non sono dolciumi, non sono gadget (davvero)... e allora cosa? 
C'è un altro punto di vista interessante per pensare ai mercatini, un punto di vista che forse può dare una risposta a questa domanda ed è quello del "bancarellaio".
La Corte Dalì (l'associazione culturale di cui faccio parte) in questo periodo cerca di arrotondare le magre finanze per pagare qualche spesa e nel frattempo fa promozione delle proprie attività: ed eccoci così anche noi tra mercatini, salamelle, babbi, canti, geloni e frittelle.
Oggi eravamo al mercatino di Masnago (proprio vicino alla nostra sede), è stata una giornata divertente, istruttiva e gioiosa.
Io e Claudia ci siamo trovate di buon mattino, abbiamo caricato la macchina e ci siamo piazzate sul marciapiede del rione indicatoci dal personale di staff. 
Di buona lena, ancora fresche delle forze ristorate dal riposo notturno, abbiamo allestito i nostri tavolini con fare zompettante ed entusiasta. Ci vuole tempo, cura, esperienza per costruire una bancarella, non è una cosa facile: non bisogna mettere troppo, non bisogna lasciare tutto su uno stesso livello, si decora ma non troppo (più volte oggi ci hanno chiesto di comprare le nostre decorazioni piuttosto che il nostro artigianato).
Insomma anche l'allestimento di un banchetto è un arte (per nulla facile aggiungerei). Comunque, grazie anche all'esperienza dello scorso anno, abbiamo preparato una postazione decorosa, eravamo soddisfatte.
Poi cominciano le lunghe ore sempre lì in quello scorcio di strada, con illustri sconosciuti come vicini di banco, avventori tra i più svariati, man mano ci si adatta all'ambiente ed è come essere in "un non luogo".
Mi piacciono "i non luoghi", in questi spazi dove l'individualità di tutti svanisce e ci si ritrova in uno spazio decodificato solo per un breve tempo (per giunta abbastanza prestabilito). Ascensori, le sale d'aspetto, gli aeroporti, i supermercati sono "non luoghi". Mi piacciono perchè è un'occasione per guardare e gustare infinite angolature di umanità, di personalità, pennellate di uomini e donne che si caratterizzano sempre per "tipi di persona", per "categorie di sentimento" e per "bisogni"... i più svariati. 
E qui torniamo alla domanda di poc'anzi: cosa vanno cercando le persone in questi mercatini?
Cercano conferme, frammenti di sè, specchi dell'anima, momenti di gioia.
Oggi mi è capitato di incontrare tante e tante persone bisognose e credo che questa sia stata la fatica più grande di questa giornata... direi pari al gran freddo una volta tramontato il sole.
In più occasioni mi sono soffermata ad osservare i visi delle persone che passavano e tante di loro avevano un'espressione cupa, arcigna, dolorante. E la domanda mi sorgeva spontanea: qualunque avvenimento o situazione della tua vita che ti porta a questo patimento perchè è qui con te anche in un momento di svago, di rilassatezza, di festa? Perchè portare con sè il proprio risentimento o il proprio disagio? Il pensiero corre veloce e la risposta mi arriva immediata: non ci sono avvenimenti particolarmente dolorosi... ci sono modi d'essere che rendono tutti i propri momenti pieni di ambascia. E' come se queste persone indossassero degli occhiali (senza saperlo ovviamente) che opacizzano tutto il mondo, se non addirittura lo abbruttiscono. E quindi questi individui peregrinano tra una bancarella e l'altra senza mai trovare gioia, senza mai sorridere, senza mai esserci davvero. 
Poi ci sono le persone che passano frettolose, è divertente guardarle: cominciano a scrutare le bancarelle da lontano, fingono un'andatura disinvolta di chi ha in verità un'altra meta (e non guardare le bancarelle) e stortano all'inverosimile gli occhi per sbirciare quello che è esposto con la coda dell'occhio. Ma perchè dico io? Guarda pure, siamo tutti qui a posta, non bisogna comprare per forza, non c'è nessun male a desiderare piccoli oggetti, scambiare due parole...
Poi ci sono le persone che attaccano bottone e ti raccontano la loro vita (di solito i malanni, i tempi andati o piccoli qualunquismi sui tempi che corrono).
In questa miriade di persone si riesce a scorgere, talvolta, qualcuno che effettivamente è interessato a quello che proponi tu, all'oggetto che vendi, al corso che proponi o al pensiero che sta dietro alla tua associazione.
Ho provato oggi: ho sorriso insistentemente alle persone, gli ho augurato buona giornata mentre passavano seri e con il fare disinteressato, ho cercato di fare conversazione... e, come sempre accade, per magia succede: le persone si sciolgono e diventano individui, non vedono l'ora di raccontarti qualcosa, di chiederti cosa fai, perchè lo fai, non vedono l'ora di smettere di pensare che probabilmente li vuoi fregare e vogliono fidarsi di te.
O mannaggia perchè siamo ridotti così perchè non possiamo ricordarci che siamo un'unica fratellanza? Perchè non riusciamo a sorriderci cordialmente, a guardarci, accogliere quello che viene offerto, anche con la serenità di poter dire "non mi interessa" ma ti ascolto, ti riconosco come un altro io.
Tutto questo abbiamo visto oggi io e Claudia, lo abbiamo visto nei più svariati modi: nei bimbi che guardavano golosi il nostro pozzo miracoloso e i loro genitori che li tiravano per il braccio, negli adulti che guardavano con desiderio il pozzo come fossero bambini, negli adulti che se lo sono concesso e hanno pescato. Lo abbiamo visto nei nonni anziani e soli che pescavano per i loro nipoti lontani, malinconici e nostalgici, e sempre nei nonni che spingevano i bambini a pescare e, in particolare una nonna, pensando che non ce ne accorgessimo, ha  trafugato un piccolo oggetto senza valore (ce l'avesse chiesto glielo avremmo donato). 
Abbiamo visto la bellezza della comunione natalizia nella gioia dei bimbi che pescavano e ritornavano e portavano amici, negli strumenti musicali della banda e dei zampognari che suonavano per le vie, nei travestimenti da babbi, elfi, renne e ....
Era una bella festa, c'era voglia di stare insieme... soprattutto i bancarellai, hanno voglia di aiutarsi, di sorridersi, complici nel vedere questi fiumi di umanità che scorrono e trascorrono... tutti nel tentativo di nascondersi e, in verità, nel contempo, mostrarsi ed incontrarsi.

Grazie Masnago, grazie Claudia, grazie amici della Corte Dalì e grazie a tutti quelli che oggi hanno incrociato il mio sguardo e mi hanno reso viva... ecco cosa cerchiamo nei mercatini... il senso di comunione ed appartenenza! belle cose! Speriamo che sempre più le piazze e le vie siano il luogo dell'incontro,  dell'arte sociale, senza la mediazione delle pur simpatiche bancarelle.

domenica 6 dicembre 2015

Finto o vero? L'evolversi delle strenne natalizie

Sono arrivata a questo fine settimana con gli stuzzicadenti per tenere aperti gli occhi. Ieri pomeriggio faticavo a guidare temendo di addormentarmi improvvisamente, ma eccomi qui nel lungo ponte dell'8 dicembre, finalmente riposo, finalmente famiglia. 
Come la tradizione ci insegna sono i giorni dedicati all'addobbo della casa e dell'albero di Natale. 
In questo periodo ogni anno mi trovo di fronte ad un dubbio amletico: quale albero prendere?
Ogni anno mi piange il cuore nel vedere il povero alberello lentamente, ma inesorabilmente, perdere gli aghi, avvizzirsi e poi miseramente morire, giusto in tempo a gennaio.
Una strage degli innocenti. Ho provato di tutto: alberi comprati al vivaio, con grande convinzione credevo e pensavo che, fornito di buone radici, lo avrei potuto salvare. Ho preso rami secchi da addobbare con tanta fantasia, ottenendo delle bellissime decorazioni ma, con estrema sincerità, poco somiglianti, comunque poi manca l'albero di Natale!
Quindi sempre incerta e dubbiosa, poi, alla fine, compro l'albero vero al supermercato, che costa una miseria (come fa a costare così poco un albero? meno delle castagne al kg???), sono alberi senza radici, allevati appositamente, destinati a morire... insomma non voglio fare la paladina degli abeti, non voglio colpevolizzare nessuno... però non posso fare a meno di sentire ogni volta quella sensazione, quella vocina interna che dice: non è giusto! La soluzione alla fine sarebbe semplice...facciamo a meno di sto albero, risparmiamo denaro e vegetali. Sì ma le bambine? Io ricordo che da piccola era un momento bellissimo, dove starebbero poi i regali? su una mensola? Come rinunciare a quel momento così festoso, solenne e confuso dell'addobbo dell'albero. E via mi sono decisa! Quest'anno ho preso l'orribile e tristissimo albero finto! Sob l'albero di Natale di plastica! 
Non avrei mai creduto che potessi comprarne uno, ma questo doppio problema, la moria degli alberi e la scena delle mie figlie che addobbano, questi due aspetti inconciliabili tra loro, mi hanno fatto capitolare. 
Siamo andate con le bimbe in un simpatico negozio e abbiamo scelto un grazioso e plasticoso albero. Le bimbe saltellavano felici "sì sì prendiamolo" (avevo spiegato anche a loro che mi dispiaceva per gli alberi morenti e loro hanno convenuto con foga ribadendo "no, no non facciamo morire gli alberi").
Lo abbiamo scelto e lo abbiamo indicato con il dito al commesso, il quale ci ha sorriso divertito ed è andato sul retro a prendercelo. Le bambine erano tutte contente, ma io non potevo crederci: è arrivato con questa mini e bislunga valigetta di cartone, leggera e pratica ed io vedevo il mio senso del Natale sbellicarsi delle risa mentre mi salutava in partenza. Non mi sono persa d'animo ed ho cavalcato l'entusiasmo delle mie piccole.  Ed oggi è stato ancor più buffo tirarlo fuori dalla scatolina, tutto spiaccicato (come quei personaggi dei cartoni animati che finiscono sotto lo schiacciasassi). Lo abbiamo montato e "ravvivato" un pò, allargato  finti rami e i finti aghi... e poi ci siamo persi tutti insieme a guardare i biglietti dell'anno scorso, le nostre decorazioni che ci seguono anno dopo anno, ogni anno ne prendiamo una o due nuove... abbiamo sfogliato i libri natalizi, sprimacciato le tovaglie a tema, "rugando" nelle scatole è tornato lo spirito natalizio, ha subito abbracciato tutta la famiglia e nutrito il nostro eterico. Serenità, il Natale è appartenenza, famiglia, tradizione, amore e lo so, anche il nostro plasticone diventerà nostro amico... l'anno prossimo rideremo felici quando lo tireremo fuori, insieme a tutte le nostre strenne di Natale... o almeno fino a quando non saranno grandi...

venerdì 4 dicembre 2015

Comunque ci credo, si io credo

Pensieri e pensieri, è tardi sono molto stanca, dovrei dormire, ma sento di dovere qualcosa a me stessa, sento che sto percorrendo un sentiero finalmente chiaro, almeno per me, almeno lo spero. Ma infine non è così importante cosa è chiaro, cosa è vero... sono giorni mordenti in cui corro e gioco come un funambolo senza rete e a volte precipito, sì mi faccio male ma alla fine è quello che vado cercando. Sbattere, frantumarmi, inchiodarmi, destreggiarmi, per poi riconoscermi e ritrovarmi e rinnovarmi.
Sono giorni importanti dove cerco di mettermi in contatto con la parte più ferita di me, con il mio "corpo di dolore" e il mondo intorno a me semplicemente mi assiste in questo mio peregrinare tra le ombre e le mie incongruenze.
Oggi abbiamo parlato di Avvento di silenzio e di pace... abbiamo parlato di Babbo Natale e di Gesù bambino, e alla domanda aspettata, consueta e dissacrante "ma esiste?" io riporto il mio sentire a quando ero bambina, alla grande forza del desiderio, dell'attendere, del sentire che quella luce c'è ed è di tutti. Certo che esistono, come potremmo noi esistere senza lo Spirito del Natale, saremmo pietre e nulla sarebbe più costruibile. Certo che esistono perchè ogni anno le mie bimbe li aspettano, perchè ognuno spera e vuole che esista anche il giorno di Domani. Io ci credo
Ed oggi la Corte Dalì era piena di bambini, di giovani mamme, di scambio, di amicizia e tanto altro, in armonia, nel desiderio. E c'era molto calore e le risa di bimbi che riempiono la stanza, il cuore e l'anima.
E stasera mi sono sentita sola, mi sono sentita lasciata da un compagno di viaggio, da un sogno di condivisione, da un percorrere insieme ed un sapore amaro e ineluttabile insieme mi ha svuotato e riportato profondamente in me. Mille fiori nascono ogni giorno e sanno opporsi alla durezza della strada e mille attimi di amicizia, complicità e speranza si dissolvono come polvere sulle idee. Ma io ci credo lo stesso. Io credo che gli uomini siano tutti fratelli, io credo che c'è sempre una scappattoia, io credo che un domani ci sarà. Non vorrei perdere chi mi sta vicino e neanche chi è lontano e spero possiate sempre far coincidere la voglia di scappare con la voglia di restare e restituire al mondo quella chiave che tante porte apre che è quella dell'amore. Ed io ci credo, io credo che si possa costruire l'arte sociale, io credo che la dedizione e la valutazione di intenti possano restituire al mondo la grande saggezza della magia. Sono fragile, sono inappropriata e nella solitudine mi dibatto ma so che tutto scorre e voglio credere fermamente, anche per chi se ne va e nega l'altro. Non dovevi andare, dovevi restare e parlare con me, ma non importa io ci credo  al progetto di fare cultura, di far il buono, il bello e il vero. E so che non sono sola... anche se a volte ci si sente soli, quando qualcuno non ti riconosce più... comunque io credo.

giovedì 26 novembre 2015

Quello che non so...

Stamani la giornata mi ha travolto, insospettabilmente sono sopraggiunte delle emergenze di cui occuparsi e, concitatamente, mi sono ritrovata in mezzo a tanta umanità. Un'umanità triste, affranta, deturpata dalla vita e dalla difficoltà semplicemente d'essere o esistere, ecco cosa ho incontrato oggi. Sono tornata a casa frastornata, piena di pensieri, raccogliendo dentro di me dei pensieri inusitati, quasi vagamente un lieve senso di colpa.
Ho ascoltato una persona raccontarmi dei notevoli progressi della ragazzina disabile che segue e ho sentito una fitta interna pensando che, quella ragazzina, semplicemente cambiando adulto di riferimento, ha fatto un balzo relazionale nella vita: non mi è venuto un senso di gioia, ma un inevitabile pensiero retrospettivo... quanti anni persi? Dove potrebbe essere oggi, quella ragazzina, se avesse incontrato un insegnante migliore da piccina?
E subito contemporaneamente rammento a me stessa che forse non poteva che essere così, che tutto quanto fa parte della sua storia, era necessario perchè arrivasse qui, oggi, a incontrare, per la prima volta, il mondo intorno a lei... quella ragazzina!
Chissà... non posso saperlo davvero...

E poi cercare di scovare delle verità in scaramucce e diatribe tra operatori, utenti, famiglie... che succede? un pasticcio, nessuno ha mai ragione, nessuno ha mai torto. Quando le persone si attaccano entra in campo qualcosa di ferino, perdiamo il nostro senso divinamente umano e cadiamo nel baratro della meschinità, della grettitudine, del brutto. E io cosa posso farci, a navigare in queste acque nere non posso far altro che sporcarmi anch'io... approfondire, capire, discriminare... quante cose che non so, che non vedo direttamente, eppure una soluzione va trovata... l'unica cosa che vedo davvero è sofferenza da ogni parte e, ripeto, in questo senso, nessuno ha torto, nessuno ha ragione...
Non so niente... eppure devo entrare in merito, questione di ruoli... ah davvero? ma questi ruoli di cosa sono fatti? di astrazione, di procedure, di standard, di regolamenti e nulla di tutto ciò incontra minimamente l'umano dell'altro... che ne so, che ne sappiamo... giudici di tutti i tipi...

E se non bastasse scopro per caso, come una piccola stilettata, che una persona che ho visto, frequentato, ascoltato e guardato, ha avuto nella sua vita un lutto, un trauma, un dolore esagerato... ed io non ne sapevo nulla...
...quante cose che non so...

Nel traffico, nel tragitto, nel non luogo ho cominciato a pensare, a sentir risuonare dentro di me tutti questi fatti, che sono solo fatti, ma che colorano le persone, vere persone, di sentimenti, vissuti e realtà vere. 
Ho pensato che, ad ogni istante, comunicando anche con il passante, l'edicolante, la collega, l'amica, sarebbe sensato ricordare sempre che noi non sappiamo nulla, che potremmo avere di fronte una persona che sta attraversando, emotivamente, il deserto a piedi e senza viveri, potremmo avere di fronte una persona che ha perso la speranza di vita e che noi potremmo fare la differenza tra la sua vita e la sua morte, potremmo avere di fronte una persona che è stata umiliata da bambina e noi, con i nostri rimbrotti inconsapevoli, potremmo ferirla ancora, umiliarla ancora.

Sempre fluttuando nelle strade della mia città mi sono ricordata di quando ho perso il mio bambino e mi sentivo come se una belva mi avesse dato una zampata al ventre... anche se tutto era a posto, mi sembrava di sentire una ferita viva e dolorante sulla pancia e ho bene in mente che camminando per la strada, incontrando le persone, pensavo sempre, siate delicati con me, sono ferita, non ho le forze... ma da fuori nulla si vedeva.

Ho pensato oggi, ho rammentato a me stessa che vale sempre la pena ricordarsi che la persona che abbiamo di fronte potrebbe essere in un momento disumano, vale sempre la pena essere gentili, chiedere permesso, offrire sostegno... per tutto quello che non so... perchè una ferita ce l'abbiamo tutti e non sappiamo mai se in quel momento stiamo mettendo sale sul dolore, se ci stiamo accanendo con l'altro, senza sapere davvero quanto va a fondo nel cuore dell'altro il nostro comportamento. 

Penso davvero che quello che non so è spesso più importante di tutto quello che so... e chiedo scusa all'umanità che incrocerò per tutte quelle volte che purtroppo lo dimenticherò... e spero di riuscire sempre più ad  

ascoltare prima,
 con il cuore, 
quello che non so.

domenica 22 novembre 2015

Inside out: un film terribile


Scusatemi, mi rendo conto di usare toni dell'assoluto... ma l'ultimo film della Pixar "Inside out" lo trovo davvero terribile. Ricordo che quando vidi i trailers fui molto incuriosita, pensai che era un'idea simpatica. Tra le altre cose di solito i films della Pixar mi piacciono abbastanza e quindi mi sono messa con una certa aspettativa positiva a gustarmi questo nuovo lungometraggio.
Perchè terribile? Perchè non ci sono destinatari precisi: per un bambino è complicato, inaccessibile, confusionario, per un adulto, invece, è riduttivo, impreciso, pressapochista.
Le poche scene godibili sono proprio quelle che erano state anticipate nel trailer, piccole situazioni gustose dove si vedeva quali meccanismi si potrebbero innescare in conversazioni o relazioni interpersonali. In altre parole si mette in evidenza attraverso le immagini come i sentimenti possano dirottare le situazioni e i comportamenti nelle relazioni. Purtroppo questi momenti sono stati pochi e appena abbozzati. Invece tutto il film si è concentrato sulla storia di questa piccola adolescente che non è capace di sintesi, di autonomia affettiva e diventa catatonica non appena perde (??) Gioia e Tristezza... lo stratagemma crea confusione, come è possibile che parti di noi si possano smarrire o addirittura distruggere in così poco tempo? Sicuramente grossi traumi o shock potrebbero minare l'equilibrio psichico... ma la situazione del film era un'altra. Oppure cosa potremmo desumerne che la ragazzetta essendo stata "troppo felice" fino ad ora, non abbia strumenti di risposta alla difficoltà? 

Lo trovo tendenzioso, addirittura pericoloso. Ho sentito dire più persone che potrebbe essere un simpatico strumento per far comprendere e rendere più competenti i bambini sulle emozioni! Aaaaaaaaaaaaarg!
No, vi prego no... perchè far credere ai bambini (e anche agli adulti) che le emozioni risiedono nella testa, perchè personificarle, perchè sezionarle in modo delineato... insomma esistono sicuramente una gioia malinconica o una dolce tristezza... come spiegarle queste? 
Ai bambini non vanno insegnate le emozioni, loro le conoscono benissimo, hanno bisogno di viverle, riconoscerle, esperirle, colorarle, donarle, abbracciarle e sentirle nel corpo, non nella mente! 


L'antagonismo tra Gioia e Tristezza è scandalosa! Anche se alla fine viene compreso che la crisi può essere superata grazie all'integrazione fra loro, in ogni caso è terribile come vengano disegnate e caratterizzate, anche nei tratti somatici: una snella, vigorosa, piena di energia, luminosa, perseverante, generosa, mentre l'altra svogliata, ombrosa, grassa, persino malevola e inconsapevole, rinunciataria.
Non credo che si possano riassumere così le emozioni di gioia e tristezza: ripeto un riduzionismo esagerato, paradossale, pernicioso.
Pernicioso per tutti quelli che hanno trovato il film un modo simpatico per spiegare le emozioni. 
Le emozioni colorano la nostra anima, 
non abitano il nostro cervello!


mercoledì 18 novembre 2015

Vibrazione e spazio sacro

Un attimo di quiete, la casa è silenziosa, le bambine dormono, vicino a me la gatta Teresa, dorme con un respiro dolce, acciambellata e sorniona. 
Sono qui io e me medesima. Quiete. Pausa. 
L'ultimo seminario "la lezione dell'amore nella biografia" ha scatenato nella mia anima e nella mia vita un rutilante susseguirsi di avvenimenti, pensieri, contrazioni, sentimenti, contrattempi, sincronicità....

Credo che la vita sia fatta di vibrazioni... sempre, in ogni sua parte, in ogni suo respiro, in ogni tempo e luogo. 

Ci sono vibrazioni lievi, quasi impercettibili come l'amore che emana un soffuso alone fior di pesco, nelle coppie di innamorati, negli sguardi delle mamme, nell'accogliere una lacrima o una nuova promessa. 
Ci sono vibrazioni dirompenti e stordenti, come accade di fronte ad un eccidio di massa, ad una calamità naturale, ad una morte improvvisa.
Ci sono vibrazioni consuete e rassicuranti nei nostri ritmi vitali, il respiro, la circolazione, il ricambio.
Ci sono vibrazioni che si toccano come se fossero pietre roventi, come accade di fronte agli scoppi d'ira, all'abbandono, al tradimento. 
Ci sono vibrazioni acute come accade di fronte al dolore fisico, un dito schiacciato, un malore, una contrazione.
Ci sono vibrazioni squillanti quando si ride felici, divertiti, gioiosi e roccamboleschi.

Come una corda tesa che viene scossa con tocchi diversi e comincia ad ondeggiare, come se un immoto centro di gravità venisse sconquassato nel caos, nell'entropia e l'oscillazione sembra ricercare, in ogni dove, la dimora perduta, la quiete. A volte ci vogliono pochi istanti, a volte il movimento è così scomposto che le vibrazioni si perpetuano grevi e confuse per tempi abissali, ma comunque la quiete ritorna, sempre,
comunque.

A volte i cambi di stato emotivo si susseguono così velocemente che si perdono i ritmi, che si aprono voragini nei cuori, la terra non sostiene più e la quiete quasi spaventa, quasi non si può credere esista la resilienza psichica.

Eppure è proprio lì, nei grandi cambiamenti, nelle grandi oscillazioni, che si può incontrare lo "spazio sacro", un centro, un luogo, un tempo, un eterno, un infinito, un assoluto presente dove ci individuiamo davvero, dove ci riconosciamo e perdiamo ogni aggettivo, ogni caratteristica e semplicemente siamo, semplicemente apparteniamo, semplicemente.
In quei rari momenti sentiamo il mondo, l'umanità, la spiritualità, e ci riconosciamo anche noi immoti, seppur nella vibrazione.
Semplicemente vivi.


martedì 17 novembre 2015

Sono Attimi


Novembre è arrivato. Pochi giorni fa lamentavo un caldo anomalo è improvvisamente novembre è arrivato con tutto quello che porta. Nebbia, umidità, opulenti alberi arancioni carichi di cachi e un senso soffuso di solitudine antica che mi ricollega alla terra e insieme al cielo. Questi giorni carichi di rabbia e sangue, il mondo trema e ci alimentiamo di terrore, i fatti di guerra ci lasciano sgomenti e novembre si è tinto di rosso e di nero.
Eppure stamattina timidamente "palla di fuoco" faceva capolino dall'orizzonte e con le bambine, nel tragitto verso scuola, lo abbiamo salutato gioiose. 

Sono attimi.

Ti saluto, mi saluti, mi ringrazi, sfuggo il tuo sguardo, mi chiedi una cosa, non ho voglia, mi sforzo, non voglio che ti appigli, permalosa, alla mia pigrizia, ti accompagno, mi segui, ci salutiamo, non ci guardiamo. Relazioni perse, o forse mai iniziate e mi manca forse un chiarimento o una domanda.

Sono attimi.

Quante donne, belle donne, tutte insieme ci raduniamo e parliamo del bazar, della scuola, dei bambini, delle idee, dei laboratori. Ci azzuffiamo bonariamente e ci conosciamo... bene e reciprocamente... siamo una comunità, quando ci siamo già incontrate chi eravamo in un'altra vita? Vi conosco ad una ad una Maddalena, Claudia ed Olga... vi conosco... mi conoscete ed oggi veloci e un pò ruvide abbiamo lavorato efficienti, un pò di malavoglia... ci conosciamo. Sicuramente.

Sono attimi.

E ti vedo, sei cambiato, sei cresciuto, sei più sicuro, sei un amico. Non ti vedo da qualche giorno e appena arrivo sono felice di vedere la tua faccia: sempre sorridente, sempre accogliente, sempre disponibile. Caffè? E la giornata può cominciare, ci guardiamo tutti e tre e ci sorridiamo, un caffè e due dolcezze e la giornata può cominciare.

Sono attimi.

Mamma un bacino, ancora un bacino. E ti avvicini gattona e ti strusci, stai crescendo piccolina e un pò ti spaventi, vai a giocare, vai a costruire, ma poi torni e mi guardi con quel sorriso dolce: mamma un bacino. Mille istanti di noi, mille istanti di mamma e grazie a voi piccoline che mi cercate oggi e mi volete assolutamente, quanti attimi prima che corriate lontane e non ci saranno bacini? Troppo pochi.

Sono attimi

Sono viva, sono felice, sono presente, sono ardente, sono attimi.