...curioso nel mondo!!!


...curioso nel mondo!!!

I gatti sono curiosi, sornioni, saggi e liberi.



La ricerca continua del filo conduttore del significante

mi porta ad infilare i baffoni in molti luoghi interessanti...







mercoledì 21 novembre 2018

Si chiama Amore

Mi ritrovo sempre io ed io, con quel sentimento, con quella profonda perturbazione interiore che si moltiplica come un'eco in un'abissale caverna.
Sono io, sempre uguale e sempre mutevole, inondata del mio sentire che riecheggia arcaico... 
Il dolore di esistere, il dolore di incompletezza... come un languore, mai sazia, mai paga... 
e non basta mai.
Basta un gesto, un rigolo, un soffio e brucia dentro, questo sentire così graffiante... sempre specchiato e contrastato dalla mia decisa e determinata risata, dalla voglia di agire, dalla presenza più che mai risoluta... e a volte mi sento irriverente di fronte al dolore altrui, all'affanno e mi si spegne il sorriso.
Non mi sento così speciale, non mi sento così forte, non mi sento neanche un pochino saggia, non mi sento quasi mai all'altezza, non mi sento mai adeguata, non mi sento quasi mai al posto giusto... eppure rido, quasi beffarda...  oscena... si perchè sembra che la vita sia una cosa serissima... quasi un pugno allo stomaco, uno scandalo... perchè ogni giorno un pochino moriamo... quando le persone ci lasciano, quando non riusciamo ad afferrare il dolore di chi amiamo... 
Ecco sì... ho capito... non si può illuminare l'ombra di nessuno... solo la propria... con parsimonia però... perchè è lì nell'ombra che siamo umani... 
E a quanti mi sentono ingombrante vorrei dire con fermezza che faccio del mio meglio... e mi dispiace in modo iniquo di non poter essere al vostro servizio come mi vorreste... sono io... così come sono... tu che...  tu quando... tu dovresti... tu mi...
Non posso più sentire nessuno, non voglio... io sono io! Ed è proprio perchè sento così profondamente il mio IO che posso sentire l'IO Altrui... e quasi sempre è dolce e doloroso insieme... si chiama connessione, comunione... Amore.

mercoledì 10 ottobre 2018

Detriti

I giorni si susseguono con disinvoltura, come niente fosse. 
Li guardo in silenzio, presa dalle mie piccole e grandi egoità.
Talvolta mi sembra di essere trasparente al destino, a volte mi sento privilegiata, a volte mi sento stanca.
La navigazione, a tratti tumultuosa per ampie e inusitate onde, ma spesso benevola, procede sempre un pò alla cieca, sembra di avere delle mete, sembra di potersi orientare con le stelle... e poi porta in lidi o mareggiate non previste, non pensate, non perseguite.
Nel dolce navigare in questa vita mi imbatto in tanti silenzi, in tanti rumori, in tanti altri da me.
E talvolta dai flutti emergono dei detriti. 
Che spavento!
Sempre! Sì perchè i detriti portano in sè la memoria di qualcosa di più grande che prima c'era ed ora non c'è più. 
Forse più grande è sbagliato, rimanda ad un valore... più grande come ad intendersi che prima era meglio?
Non so! In verità volevo dire solo diverso...
O forse un detrito rimanda comunque ad un pensiero di frammentazione.
Però, esortandosi alla calma, guardando i detriti tra le onde si possono fare delle discriminazioni: ci sono detriti naturali, evolversi della materia che muta la sua forma e, pian piano, persino la propria sostanza, attraverso il lavorio degli agenti atmosferici... 
a volte invece si scorgono relitti... ricordi... resti.
Che spavento!
In ogni caso.
Anche se poi, ragionevolmente, posso sempre valutare che, anche in questo frangente, è solo un cambio di forma, e quindi di sostanza, dato, non più da agenti atmosferici, bensì animici (se non addirittura spirituali).
Lo spavento nasce dalla consapevolezza che è un passaggio obbligato per tutti, prima o dopo... e a volte, in questo spavento, si fatica a godersi il piacere della navigazione libera nell'immensità.
Ti ho vista, oggi, donna conosciuta, compagna di qualche viaggio, collega, amica di quotidiano.
E forse oggi ti ho vista davvero per la prima volta e, nel tuo sguardo sparuto ma presente, ho capito che anche tu mi hai vista. 
Ci siamo guardate come mai prima... ed è stato un attimo di infinito: grazie Giuly, buon viaggio Giuly...ovunque questo ti conduca... ti serberò nel cuore per quello sguardo così vero e divino che oggi ho toccato... grazie! Ed è la storia dell'umanità tutta...

sabato 6 ottobre 2018

Frammentazione autunnale

Un pomeriggio lieve, solitaria in casa mia, silenziosa con pensieri vaghi, quasi nulli e mi perdo... il mio sentire si fa sottile sottile... e improvvisamente qualche nota che penetra e quel sentire sottile taglia. Dove taglia? In questo mare di vita così duro... dove persone straconosciute e anche amate lottano e soffrono, dove sfugge il senso della vita, dove ci si incontra e scontra, dove chi ami ed hai amato è distante, dove non ti riconosci più, dove sei sempre più consapevole che il tempo è passato, che questa vita sta scivolando e non sei più giovane, ma non lo sei mai stata, sei sempre stata con questa consapevolezza addosso, che siamo un transito... che la vita è da un'altra parte, che questo è solo un fotogramma, ma ti piace così tanto che mai vorresti che finisse... e invece declini, scivoli, provi a tornare indietro e non si può... avanti fa paura.
Ed è così.... dolcemente, dannatamente, assurdamente ogni autunno.... 

Zitto e nuota

 A volte troviamo delle briciole di profonda saggezza in luoghi impensati.
Zitto e nuota!
Diceva un noto personaggio di un film della Pixar, la deliziosa Dory smemorata, un pesce ramingo alla ricerca di... non sapeva neanche lei cosa.
Però qualcosa la sapeva, la ricordava, sempre... 
La fiducia... la fede... in tutto e tutti! Nella saggezza del suo girovagare... perchè inquietarsi dunque?
Zitto e nuota... magari canticchiando... magari in buona compagnia.
Ci sono riuscita. Rimanda, temporeggia, adduci scuse, più o meno vere, dimentica... ma adesso ci sono riuscita.
Ho cominciato ad andare in piscina: è stato un passo titanico, come fare un salto siderale... ma adesso ci sono... immersa nell'acqua, ascoltando i miei muscoli rispondere velocemente, fluttuando dolcemente, assaporando la dolcezza di essere leggeri e avvolti. 
Zitto e nuota.
Nessuna noia, nessun vero pensiero se non quelli legati all'ambiente in cui sono: ascolto stralci di conversazioni di anziani che socializzano, di giovinetti giocherelloni, di bagnini annoiati, di donne affannate.
Sento odori svariati: profumi, saponi, creme, cloro, acqua.
Assaggio la mia resistenza e spingo ogni giorno un pochino di più... si perchè ci vado ogni giorno  e mi sembra di essere sempre stata lì... e mi domando perchè tanta resistenza a cominciare... faticoso? Relativamente....
Macchinoso? Relativamente... 
Zitto e nuota... e sei nel presente, sempre conosciuta l'acqua... 
ambiente ancestrale per chiunque.
Zitto e nuota... perchè il corpo risponde ed è ancor più nutriente per l'anima che per il corpo stesso.
Zitta e nuota, nuota e nuota Daniela... 
grazie di esserci riuscita!

mercoledì 26 settembre 2018

Non siamo noi a decidere


Giorni e giorni di silenzio. Giorni trasformatisi in mesi. Un silenzio sensato, intimo, stratificato.
Talmente vicini alla morte da onorare la vita, pienamente. Le vicende sono state così particolari e “viventi” che mi hanno strappato da me stessa e dal desiderio comunicativo.
I lunghi giorni di assistenza a mia mamma, la sofferenza e il dolore ancestrale e antropologico dell'umanità tutta, scavata in quel volto tanto noto, mi hanno lasciata attonita ed avvilita e, strano ma vero, ancor più nello sgomento, mi ha condotto la sua lenta, quanto insperata, ripresa.
Una speranza lieve per ognuno, lieve perchè non è tanto importante il risultato, quanto la cruna attraverso la quale ogni individuo deve passare in questa vita terrena.
Silenzio, rispetto, incapacità vera di dire qualcosa di significativo di fronte a tanto divino, tanta impotenza... non siamo noi a decidere, c'è un momento per morire e ci sono momenti solo per soffrire. Non siamo noi a decidere.
Ci affanniamo come formiche, preoccupati per fantomatici futuri che non ci appartengono.
Solo oggi è vero, e non tutti gli “oggi” sono belli.
In questi mesi di silenzio sono stata bene, oggi sto bene, sempre più consapevole che non c'entra nulla quel che accade per stare bene... è un fatto intimo e personale, un modo di affacciarsi nel mondo, una piega dell'anima che guarda... con affanno o con amore alle vicende che ci vengono incontro.
Non siamo noi a decidere ciò che accade, ma siamo noi a decidere come viverlo: se maledicendo il cielo e la terra, oppure lasciando un vero spazio alle domande: perchè questo accade? Dove mi sono condotta? Dove voglio animicamente arrivare?
Guardo le mie ragazze crescere... sento i loro ardori, persino i livori verso la loro mamma (io)... ah che dolore, anche se so che è normale e sano...
 devono staccarsi da me per andare nel mondo...
 quanto vorrei offrire loro certi pensieri maturati in lustri di esperienza... non posso...
Non siamo noi a decidere... quali esperienze, dolori, gioie e ostacoli, vittorie o sconfitte, incontreranno i nostri figli... possiamo solo esserne testimoni, possiamo “solo” accogliere e stare vicino anche se spesso, nostro malgrado, non ci saremo... Perchè non siamo noi a decidere 
Ah questa vita com è impegnativa, stupefacente, irriverente, penetrante, divertente...
Questo sì... siamo noi a deciderlo... quanto divertirci...Sempre!

domenica 20 maggio 2018

Difficile, quasi impossibile

Difficile, quasi impossibile

riuscire a riflettere su di sè, scriverne e nel contempo vivere in assoluta presenza.
Difficile, quasi impossibile
distogliere lo sguardo da un essere umano ridotto ad uno scheletro, anche se è tua madre.
Difficile, quasi impossibile 
partecipare gioiosamente a tutti i balzi di crescita delle mie figliole, sono troppo veloci.
Difficile, quasi impossibile
dare ordine, priorità al mondo che ti viene incontro, tutto sempre in primo piano.
Difficile, quasi impossibile
essere tristi di fronte alla bellezza e alla perfezione della vita, compresi i colpi di vento, ovunque è riconoscibile la saggezza.
Difficile, quasi impossibile
rimanere desti e ricordare che è nel presente che ogni obiettivo dovrebbe essere perseguito, passo dopo passo.
Difficile, quasi impossibile
Esserci al di là di ogni ragionevole dubbio...
Difficile, quasi impossibile
ma ci provo ogni giorno della mia vita.
Daniela Merlino 

martedì 8 maggio 2018

Programmazioni intelligenti...


Sono una pedagogista e conosco abbastanza bene le tappe di sviluppo dei bambini. 
Certo quando si tratta di maternità e sfera personale, le cose non sono poi così automatiche.

Questo vale in generale sugli innumerevoli (quanto inevitabili ed ineluttabili) errori genitoriali commessi nel corso degli anni, errori che per altro sono necessari alla crescita dei pargoli, proprio per meglio differenziarsi... certo, alcuni li avrei evitati..,. ma il dado è tratto.
Un'altra considerazione che non ho proprio fatto nella programmazione della crescita della famiglia, è stata quella di considerare attentamente la giusta distanza tra un figlio e l'altro. 
In verità qualche pensiero l'ho anche fatto, ad esempio avevo considerato che non era particolarmente saggio aspettare troppo, tre anni mi sembrava il giusto compromesso, la prima ancora piccolina, non troppo (certe autonomie erano state raggiunte) e mi era sembrato una riflessione sufficientemente ragionevole.
Negli anni mi sono un tantino ricreduta, perchè questa differenza di tre anni è alquanto destabilizzante.
Mi spiego meglio: ci sono delle tappe fondamentali di sviluppo dell'io nel corso di infanzia e pubertà, e altre tappe di sviluppo fisico. Questo cosa vuol dire?  Ogni tre anni ci sono dei momenti di "crisi" nei quali gli amati pargoli fanno vedere i famosi "sorci verdi" ai genitori. 
In questi loro passaggi di individuazione, identificazione, separazione etc etc mamma e papà sono i bersagli preferiti, la migliore palestra dove opporsi, dove dissacrare, dove interagire. Mi sembra anche giusto.
Il problemino che non avevo preso in considerazione che, seppur di epoche diverse, le mie piccolone, con la loro differenza di tre anni, hanno queste benedette crisi contemporaneamente! AH!
Non me ne accorgo adesso, l'ho visto nel corso di questi anni, nel passaggio dei tre, poi dei sei e dei nove etc etc... la casa messa a ferro e fuoco ogni tre anni.
Beh in questo momento le piccolone sono in una di queste impegnativissime fasi (e che fasi) la piccina compie a giorni 9 anni, siamo sul Rubicone, siamo nel momento di passaggio, nel momento del dolore e dell'abbandono dell'infanzia... nel momento delle coccole e delle paure... nel momento in cui si smette di credere ai folletti, dove bisogna mantenere la fede anche attraverso l'amore e il pensiero... non solo perchè lo dicono mamma e papà...AH! che passaggio quello dei 9 anni, un attraversamento senza ritorno, una mamma (io) che non ha più bimbi piccini... ma sono passata in una fase di pre adolescenza, di confronti e scontri (bello ne ho voglia... anche se mi mancheranno le guance paffutelle sulle mie, gli abbracci stretti stretti, la mia bellezza nei loro occhi, il sentirsi tutti in un posto... mi mancherà).... 
Nel frattempo la grandona sta arrivando sui 12 anni e siamo nella TEMPESTA degli ormoni! AH!
Momenti di curiosità, voglia di autonomia, indolenza, voglia di cambiare, voglia di crescere indugiando nel gioco, opposizione, affermazione di sè, foruncoli, germogli... che meraviglia... lotte e battibecchi, scoperte e nuovi orizzonti... 
Come passa velocemente il tempo, mi sento struggere il cuore nell'amore, nella curiosità di vederle domani, nel rimpianto di ieri, nel godermele oggi.... 
E nel contempo una fatica incredibile... perchè ci sono anch'io con i miei 48 anni, con una femminilità sempre più adulta (o matura).... e ce la mia mamma di 83 anni chestenta negli ultimi passi...
Beh tutto insieme è davvero impegnativo: tutti gli stadi biografici in una volta mi mettono davvero in difficoltà. Certamente mi fanno sentire più viva che mai, certo sono ancora i migliori anni della nostra vita, certo sono orgogliosa e fiera di vedere le mie fantastiche ragazze crescere, certo certo... ma che fatica!
Che avventura meravigliosa la vita... 
a volte, però, una piccola programmazione per sfalzare le crisi dell'io? 
Ci penserò nella prossima vita... intanto mi godo questa
Felicemente

domenica 6 maggio 2018

Ci sono, ce la faccio, sono Presente

Mi sento altalenare come la temperatura di questa inusitata primavera: le oscillazioni repentine tra i 10 e i 30 gradi mi trovano sempre e comunque impreparata.
Al di là dei problemi logistici legati all'abbigliamento, in questo ambito, sempre con lentezza,  sono riuscita,però, ad organizzare, anche mentalmente, il confort "a cipolla" e, quasi sempre, sono riuscita a stare bene. Piuttosto è l'altalenare della luce, della gravità, dell'umidità, della percezione che mi lascia attonita.
Nello stesso modo mi sento galoppare animicamente tra mondi diversi, come se saltellassi da una dimensione all'altra, come nel mago di Oz, dove si attraversavano scenari e paesaggi diversi, semplicemente camminando.
I passaggi quantici vissuti negli ultimi tempi mi hanno lasciato un pò sgomenta e frastornata e, a tratti, chiaroveggente.
Sì perchè poi, la mia più grande passione, che è lo studio antropologico delle situazioni e delle esperienze, mi conduce sempre ad agirmi come osservatore esterno di quanto mi rotea intorno. 
Devo dire che in questo periodo mi sembra di veder passare mondi e costellazioni, tra i più svariati, intorno a me.
A parte la sempre presente ed incombente sensazione di essere "sulla soglia" con mia madre, anche altre attività, relazioni, incontri umani, mi hanno riempito, letteralmente, di umanità, di compresenza, di pietà vera, di  gratitudine per la grande saggezza dell'universo, delle storie di ognuno, degli incroci e delle innumerevoli possibilità di libertà individuale.
Ed ho danzato tra gli abbracci e i sapori, per arrivare all'immaginazione di percorsi condivisi, dondolando nelle nuove e antiche scoperte, vibrando insieme a campane e percussioni, gioendo dell'arte sociale nella quale galleggiano felici come anatre le mie figliole, toccandoci da lontano, io e il mio amato, in questi presenti che ci vedono separati, ma uniti, compresenti, attenti, a tutto, a noi, a domani. E in tutto questo le lunghe pause di riflessione e speculazione attraverso il rapporto più fusionale che abbia mai avuto, con mia sorella, dove si trovano grandi spunti e pensieri e dove il rovello risuona e riempie come il gong dell'altra sera.
Ci sono, ce la faccio, sono presente...

mercoledì 25 aprile 2018

A proposito di ritmo...

Un inverno mite, non troppo freddo, poca neve, pochi cappelli, pochi vetri ghiacciati.
Un inverno lungo, eterno, infinito. 
Neve a marzo, aria gelida, la primavera in sordina, i germogli lontani.
L'inverno è finito. 
I tigli profumano...
Davvero? 
Sì i tigli... due giorni, in soli due giorni un'escursione termica di 20 gradi!
A proposito di ritmo... ma quale ritmo!

come anime vaganti in un deserto: torrido di giorno e gelido di notte
come fantasmi incerti, indecisi su come lasciare le coperte e le timidezze
come farfalle gioiose alla ricerca del sole... vogliose ma confuse
Che succede? 
Il mondo è confuso
Il mondo mi confonde
Eppure è talmente dolce indugiare alla sera sulla finestra aperta, ascoltare i silenzi e i profumi estivi
anche se siamo in aprile, anche se non dovrebbe essere, anche se ti aspetti che finisca, anche se non te l'aspettavi.
Il mondo è confuso.
Io sono confusa... e non solo dal caldo fuori stagione.
Daniela Merlino

sabato 21 aprile 2018

Parlami d'amore Mariù - Terzo regalo

La smisurata malinconia, l'ineluttabile tristezza, l'ancestrale rimpianto ecco il REGALO n.3 dei Doni della Morte.
Quando ci si avventura nel bosco di mezzo, dove si attraversa, tra un mondo e l'altro, in quel luogo il sentire si amplifica e i sentimenti, le stesse percezioni risuonano come corde percosse dal vento.
Si dilata come una macchia d'olio la percezione di essere vivi, proprio perchè si porta a coscienza che la morte è un fatto vero, che accade, che fa parte della vita. Vita e morte camminano parallele, due facce di una stessa medaglia, due amanti intrecciati.
E proprio in quel bosco scuro si trovano doni, vecchi scrigni, nuove visioni, antichi aneliti, incommensurabili desideri. 
Una notte, lunga e impegnativa, stremate con la Mami riversa e un pò disperata, mentre ricordava come se fosse qui e ora, quell'amore dolce, intenso, totalizzante che l'aveva rapita e depositata per sempre nelle braccia di mio padre, e contemporaneamente il dolore e la consapevolezza che non è più qui ed ora, e che tanta polvere, tanta vita, tanto altro si è depositato su quell'eterno momento, e lì attonite e vicine, catturate in quel struggente rimpianto, in quella camera di ospedale abbiamo cantato la "vostra" canzone d'amore... ed è stato un nuovo eterno momento, questo è il n. REGALO n. 3 di questo incredibile periodo.
to be continued...


venerdì 20 aprile 2018

100 ore di conversazione - regalo n.2

I doni della morte REGALO n.2 
Ci fu un tempo remoto, molti anni or sono, dove due sorelle venivano scambiate per strada. 
E questo accadeva nonostante tra loro ci fossero 8 anni di differenza e nonostante, (sebbene presente una certa somiglianza), i tratti, i connotati e la conformazione erano diversi, spesso le scambiavano.
Ho sempre saputo che quello che traeva in inganno erano le espressioni del viso, gli intercalare, i modi di gesticolare e di incedere nel mondo, il legame così viscerale e profondo, la convivenza familiare in milioni di sfumature ed atmosfere e, non ultima, l'affinità elettiva faceva sì che ci fosse qualcosa di estremamente risonante tra me e Diana.
Per molti anni unico vero riferimento, porto sicuro dove tornare, tana dove leccarsi le ferite, fino al giorno in cui è sopravvenuta la malattia a mettere tutto in discussione. Smarrita, terrorizzata, disperata, sola mi sono sentita in quei momenti.
E lì è cominciato un lungo e meticoloso processo di individuazione io di me e Diana di sè. 
Un processo avvenuto con infinite ore di conversazione, condivisione di pensieri, dubbi, speranza, motivazioni, illazioni, ragionamenti, ricordi, risate, compassioni... 
Il tempo della cura, il tempo degli ospedali, delle sottili miserie del dolore fisico, la presenza, la compresenza, l'ineluttabile e sempre noi a parlare infinitamente,
E' successo in quel periodo che ognuno di noi ha preso poi la sua strada, ha perseguito se stessa, per tanti anni non c'è più stato il tempo neanche di scambiare due parole. Prese, lontane, assenti... ma sempre certe l'una dell'altra... era il tempo della vita... come dicevo dell'individuazione.
Istanti di condivisione, di famiglia, di feste, di reciproca presenza... ma poi la vita ci ha sempre portato in correnti lontane.
Un regalo allora quelle 100 ore di conversazione dove siamo cresciute, cambiate, rinate.
Ed oggi ecco il REGALO n. 2 siamo ancora in quella fase di parole, condivisione, conversazioni, pensieri, confronti, accettazione reciproca, amore, presenza, ancora 100 ore di conversazione nelle sale d'attesa, al capezzale della mamma, nelle vicissitudini, nelle riflessioni, nelle comprensioni... assieme come allora ed è dolce ritrovare la fonte a cui tanto si è bevuto... ed era la stessa fonte, amica, sorella, compagna...
Non so cosa accadrà poi, se saranno ancora così intrecciate le nostre vite, se correremo ancora lontano in mille paesaggi diversi, non lo so, ma oggi queste nuove 100 ore di conversazione sono davvero un bel regalo, perchè non è con tutti che ci si intende, accoglie, conosce, affida... in questo modo e riprovarlo ancora è profondamente dolce, un privilegio... e dico grazie... anche nella fatica... dico grazie.

to be continued


mercoledì 18 aprile 2018

I Doni della Morte - Parte Prima

Un profondo respiro, un'inspirazione lunghissima in questo periodo, come a prepararsi ad un grande salto, come a raccogliere tutte le forze per spiccare un balzo in alto (o in avanti o in giù, chi può dirlo?). 
E di salti ne abbiamo fatti in questi giorni. 
Dico -abbiamo- perchè è un tortuoso sentiero abitato da quattro donne: io, le mie sorelle e la Mami.
Un arrancare tutto al femminile, attraversato da quattro generazioni, quasi un secolo di storia incarnato da quattro individualità femminili. E ci avviciniamo ad una soglia della vita, quasi naturale (e in quanto tale Sacra!) eppure ognuna di noi si dibatte in questo bosco scuro e spaventoso, l'ora di definitivi addii... non solo con una donna, ma con storie intrecciate che in qualche momento smetteranno di esistere. 
In questo periodo i miei post sono monotematici, e come possono non esserlo? 
Quanto è duro lambire la morte e rimanere lucidi, tanto meno indifferenti. 
E siamo qui in questo tragitto malgrado ognuno di noi serbi la recondita speranza che per noi è diverso, che non potremo finire mai... e la vita piano piano ci insegna che l'entropia, la decadenza, la profondità ti portano in strade diverse, in consapevolezze diverse... in vaghi e continui logorii.
Perchè in sè questi passaggi sono importanti e portano con loro infiniti, delicati, ancestrali insegnamenti sulla natura stessa dell'essere uomini, microcosmi in infiniti macrocosmi... 
E non mi soffermo solo sui fatti biografici recenti della mia vita, mi vengono in mente altri significativi valichi nel corso del tempo che, sì mi hanno trafitto le viscere, mi hanno, anche e però, plasmato in un un individuo più presente, più vero, più felice in sintesi.
E quindi, proprio adesso che sono in questo scenario, mi interessa approfondire queste riflessioni e cercherò i "doni della morte" e questo pensiero è il 
REGALO n.1.
Ho già in mente molti rigoli di questo fiume in piena, ma voglio riflettere piano piano, su ogni fantastica sfaccettatura antropologica di noi umani mortali.
E' questo che ci distingue dagli altri appartenenti al regno animale, la capacità di riflettere su noi stessi... e i cicli della vita fanno parte di questo... sempre pronti ad imparare dalla vita stessa e dalla relazione con gli altri.
Alla ricerca del REGALO n.2 To be continued....

lunedì 16 aprile 2018

Una paginetta al giorno

Una paginetta al giorno, e che sarà mai?

Di cosa parliamo?
Perchè anche i contenuti contano, non solo i contenitori.
Anche perchè spesso i contenuti sono fluidi, liquidi... e ciò che è liquido è potente, perchè avvolge ma non trafigge. 

Una paginetta al giorno per allenare il mio pensiero a camminare su una riga, non per amor di ordine o pragmatica, semplicemente per preservare la meta, qualunque essa sia. Il pensiero creativo è liquido e si diffonde in ogni dove, seguire una via è come stare in un argine... 

Una paginetta al giorno per darmi rigore, per darmi fiducia, per darmi forma, per meditare, per diffondere, per raccontare, per essere me stessa.

Una paginetta al giorno è un obiettivo raggiungibile... e passo passo si scalano montagne altissime.

Una paginetta al giorno per riflettere su di me ogni dì, per essere presente, per essere...
Daniela Merlino

mercoledì 11 aprile 2018

Si e no


I giorni passano veloci, quasi uguali, quasi irrilevanti, quasi immoti. 
Eppure i mutamenti sottili e continui mi attraversano, mi accompagnano.
Così è per tutti.
Se appena ci si sofferma nei propri ricordi, nei propri ieri e ai remoti altroieri, non è difficile accorgersi che il tempo ci attraversa, come se, volando sopra le nostre inconsapevoli teste, adagiasse un velo sottile ad ottenebrare la lucidità, la nitidezza dei ricordi stessi che poi altro non sono che le nostre stesse identità disseminate in archi temporali. 
E velo dopo velo non ci si accorge che si sono annebbiati, affievoliti, trasformati i sogni, le aspettative, i desideri, ma anche le paure, le giovanili malinconie.
Non un pensiero senile, non un tragicomico andirivieni nei rimpianti e nei "meglio prima", no no, solo uno sprazzo di "visione", nulla di più.
Un istante fondamentale, importante, significativo per rammentare a me stessa che mai nulla è scontato, mai nulla è conquistato, mai nulla è definitivo.
Sono ancora io? La stessa che giovinetta si domandava del senso della vita?
Si e no.
Sono ancora io giovane donna sensuale desiderosa di conferme e palpiti adrenalinici?
Si e no.
Sono ancora io quella bimba imbronciata che detestava essere derisa e che non trovava mai il proprio posto?
Si e no.
Sono ancora io quella fanciulla affamata di conoscenza che studiava avida e accumulava in modo seriale saggi e libri che spesso non avrebbe mai letto?
Si e no.
Sono ancora io quella adolescente che si struggeva come in una sindrome ascoltando Beethoven e leggendo Pirandello?
Si e no.
Sono ancora io quella compagna innamorata, paga e felice che si struggeva nella tenerezza, nel sentirsi a casa tra le braccia di un altro individuo?
Si e no.

Sono ancora io quella donna che pensa, riflette, rimugina e incessantemente immagina nuovi mondi e nuove possibilità?

Si e no.
Si e no... Quante me stesse posso ricordare? Riconoscere? Raccontare?
Non basterebbero pagine e pagine di scritti... quante sfumature, quanti ieri, quanti istanti, quanti sguardi...
Si e no perchè ci sono tutte contemporaneamente e nessuna di loro.
Si e no perchè esiste solo oggi, si e no perchè sono io grazie a chi sono stata e a chi sarò...
Come diceva il mio amato Pirandello?
Uno, Nessuno, Centomila...
Si e no... perchè poi Nessuno non è mai contemplabile e neanche Centomila...
In verità l'Unità è di ogni istante, con se stessi, con gli altri, con la propria storia, con l'umanità...
Così è se vi pare.

mercoledì 4 aprile 2018

Siamo interi, siamo umani...

Nelle diverse vicissitudini di questi ultimi giorni, che hanno visto mia madre protagonista di una staffetta (tra vita e morte) in diversi reparti ospedalieri, oltre alle implicazioni emotive (non da poco aggiungerei), mi sono trovata (mio malgrado) ad osservare molto da vicino la realtà odierna della medicina.

Mi sono ritrovata a rincorrere un pensiero a cui tengo molto: negli ultimi lunghi periodi ho speso molti pensieri e parole in merito alla frammentazione dell'infanzia e delle agenzie educative (intenzionali o meno che siano); in verità ho scoperto, amaramente, in questi giorni che la frammentazione è diffusa come un virus, in ogni ambito della nostra vita.
Ah! Non è bello ciò, riconoscere che l'umano è fatto a pezzi, in virtù di cosa poi, è qualcosa che mi addolora molto.
L'età vetusta della mia mamma ha fatto sì che, man mano che si prodigavano per curare un suo malanno (per la precisione abbiamo iniziato con degli abbastanza banali calcoli) hanno mandato in tilt alcuni dei suoi sistemi vitali, per farla breve: intervenendo sull'apparato digerente, il sistema del ricambio è impazzito, il disequilibrio dei liquidi ha messo in difficoltà la respirazione e per finire il cuore ha cominciato a dare i numeri. 
Certo, il senso comune dirà, una vegliarda di 82 anni è ovvio che incorra in tali rischi...
Non è proprio così in verità: il problema è che siamo in un'era di così alta specializzazione che nessun medico riesce ad immaginare delle diagnosi, attuare delle cure e pensare la persona un domani.
Mi sono accorta (sulla pelle della Mami) che è proprio vero: i dottori ci trattano come degli enormi organi da organizzare. Non delle persone, non delle storie, non un'unità di sistemi, ma un grosso organo (a seconda del reparto dipende o un fegato o un cuore o uno stomaco o un rene). 
Di fronte alle mie richieste insistenti, dove chiedevo ai medici di proiettarsi qualche giorno in avanti, ognuno di loro rimandava all'altro specialista: che le posso dire io sono un gastroenterologo non posso dirle della situazione cardiaca, e l'altro... che le posso dire della pancreatite, io sono un cardiologo.
AH! E chi mai dovrebbe dirmi qualcosa su quella donna che si chiama Emanuela, che ha una lunga storia e una dignità tutta intera?
A chi mi devo rivolgere per confrontarci su cosa è meglio fare nel breve termine e a lunga scadenza? Pensando a questa donna provata, affamata, debilitata, spaventata.... a chi devo rivolgermi? 
E non voglio fare un post di lamentela sulla medicina o sull'ospedale di turno, non è questo il punto.
In verità le persone, i medici, gli infermieri, gli operatori, si sono prodigati (quasi tutti) in ogni modo, quella che manca davvero è una visione di Uomo tutto intero, fatto di corpo fisico e di psiche! Non voglio nemmeno scomodare concetti (che poi concetti non sono) come anima o spirito. Pur rimanendo nel mondo concreto di corpo e psiche siamo fatti a pezzi.
Così come a scuola, anche nella medicina, esistono i protocolli, gli standard, dentro i quali le Persone si devono scorticare, comprimere, adattare pur di riuscire a farseli andare bene, questi protocolli.
Ci hanno imbrogliato con l'accezione negativa alla parola DISCRIMINAZIONE perchè non siamo tutti uguali: ognuno di noi ha un bisogno, un tempo e un modo di porsi nel mondo e io credo fortemente che ogni operatore (sanitario, educativo, umano) dovrebbe discriminare il proprio comportamento in base al soggetto che si trova davanti, non secondo uno standard.
Non sono qui a puntare il dito su nessuno, tutt'altro, vedo la grande fatica di infermieri, maestri, dottori, educatori, genitori... da dove nasce tutta questa fatica?
Dalla spersonalizzazione, dalla disumanizzazione, dalla frammentazione, dall'incapacità di DISCRIMINARE il giusto dallo sbagliato, il bello dal brutto, l'azione dal risultato.
Non ho soluzioni in mano (anche qui come per l'educazione), non sono medico e non sono neanche sufficientemente saggia... quello che sento però è che le persone hanno voglia di compromettersi un pò di più, dottori che si commuovono, infermieri che fanno più di quanto richiesto, insegnanti che si mettono in rete, educatori che si inventano nuovi stratagemmi ogni giorno... 
Questa frammentazione deve almeno essere vista, almeno riconosciuta nella sua pericolosità... 
Il rischio più grande è quello di sembrare una persona che naviga contro il progresso (e questo non c'entra nulla), in verità il progresso dovrebbe essere al nostro servizio e non viceversa, perchè quello che accade è proprio questo: il progresso, la capacità di sezionare, di misurare, di valutare, sempre più approfonditamente e precisamente ci hanno fatto perdere ciò che più di divino abbiamo: l'interezza ... fisica, emotiva, psichica, animica, spirituale............volevo dirlo!

lunedì 2 aprile 2018

Un giorno alla volta


Quasi scomparsa, quasi inghiottita da un portale. 
Ne di qui, ne di lì, in nessun luogo.
Spossatezza, mono espressione, riflessione.
Come essere attraversati da una lama sapiente, che infonde saggezza...
Fa comunque male e contemporaneamente no.
Abissi e tempeste, miopia e veggenza.
E intanto siamo ancora qui, uguali a ieri, ma non più gli stessi. 
Quanto ti ho potuta vedere  vicina alla morte, avviluppata tra le sue braccia.
E mi chiedi, e ci chiedi, aiuto, di non lasciarti andar via...
e noi ti abbiamo tenuta con tutte le nostre forze, 
anche quelle vitali.
Ma non sono più stata io... 
ho avuto necessità di distanziarmi da te, per reintegrarmi, rimettermi insieme. 
Ce l'hai fatta vegliarda: ti sei aggrappata con le unghie e con i denti... seppur nelle insidie e nei baratri, ce l'hai fatta e sei qui con noi. 
Siamo tutti un pò più avviliti, forse maggior pronte ai saluti, sicuramente più consce di noi stesse tutte, madri, figlie, sorelle... in qualunque modo ci attorcigliamo animicamente tra noi.
Potrei scrivere infinitamente e, nello stesso modo, non ho quasi nulla da dire.
Un confine troppo violento per lasciarti illesa... 
qualche tempo di rielaborazione è necessario.
E' inenarrabile... grazie sorelle di essere state insieme... testimoni delle nostre storie.
Un giorno alla volta... 
Daniela Merlino

mercoledì 21 marzo 2018

Qualcosa è cambiato

E' davvero impercettibile quando arriva un cambiamento vero e sostanziale.
Nelle fantasticherie, quando si comprende qualcosa di nuovo,  quando finalmente si scioglie qualche nodo, quando, ci si libera di  qualche proiezione o zavorra, ci si immagina come un boato, come un lungo applauso corale, come uno schiocco, come un lampo di luce, tutto a sottolineare il "passaggio" da uno stato all'altro, come un trionfo, come una meta raggiunta.
E invece no, quando avviene un cambiamento profondo e vero, in verità è impercettibile, ci si accorge, quasi per caso, che le nostre azioni cambiano lentamente, che certe zone erronee vengono piano piano modificate, che si vive nello stesso posto ma, improvvisamente, ci si accorge di vederlo in modo diverso.
Tutto questo genera le più svariate reazioni nelle persone che ci stanno intorno.
Alcuni si sorprendono nel vederci cambiare direzioni o comportamenti, altri si oppongono fortemente perchè sono loro ad aver paura del cambiamento e non noi, altri ancora si sentono disconfermati e richiedono a gran voce il ritorno alle "vecchie maniere" per essere più sicuri e sentirsi accolti. Poi ci sono i disfattisti che vedono negatività e i pessimisti che ti garantiscono che fallirai ancora.
Tutte queste reazioni minano fortemente quei cambiamenti che sono superficiali e imposti dalla volontà e/o dal pensiero astratto. 
Invece quando si esce dalla propria zona d'ombra, quando si rivisitano i propri vissuti accogliendoli benevolmente, quando si accetta la critica e la distanza dell'altro, quando non si continua a cadere nella solita buca che abbiamo da sempre davanti ai piedi, quando ci ricordiamo che siamo entità divine, tutto scorre e non ci sono nichilisti, imbroglioni, gelosi, invidiosi o abbandonici che ci possano fare tornare indietro.
Perchè quello che è meraviglioso del cambiamento consapevole è che quando guardiamo oltre il velo, quando scorgiamo noi stessi, lì nascosti dietro alla paura, quando finalmente possiamo integrare parti di noi nella nostra vita, non possiamo più tornare indietro, anche volendo.
I percorsi di crescita veri ed efficaci sono così costituiti, come una scintilla, un momento tra altri momenti, ma poi... improvvisamente ti accorgi che... qualcosa è cambiato!

martedì 20 marzo 2018

Ci siamo, manca poco!

Primavera,
ti aspettavo in silenzio,
e ieri ti ho scorto, lì in quella strada grigia e triste, 
un albero gremito di piccoli fiori rosa,
un occhiolino luminoso in mezzo al nulla.
Il collo si ritira ancora frettoloso al primo passo all'aria aperta,
la pioggerella incessante, rabbrividisce, come un tremito lontano,
come un brivido di febbre, un questo inverno morente e accanito.
Primavera,
ti ho sentita, improvvisamente, passando indifferente tra le vie,
un cespuglio pieno di uccelli canterini, ha investito il mio sentire,
in una fresca e dorata mattina.
Arrivi, silenziosa e misteriosa, 
come tocchi di luce, come giochi di armonie, come risveglio dell'anima.
Aspetto impaziente lo sfoggio di forsizie e magnolie,
mi immagino le aiuole da domare e rivitalizzare,
mi crogiolo in questi ultimi istanti di concentrazione,
mi preparo a uscire, piano piano, come un germoglio, 
in nuove iniziative, in nuovi aneliti, in nuovi sentieri.
Ci siamo... manca poco!

Daniela Merlino

domenica 18 marzo 2018

Invito alla De-Frammentazione

In tutti questi giorni, nelle vicissitudini personali, nel mio lavoro, nella formazione personale, ho avuto modo di sperimentare la frammentazione dell'individualità. Siamo sempre più alla ricerca di soluzioni su misura, eppure perdiamo il senso del nostro essere interi. In ogni ambito in cui rivolgiamo l'attenzione ci si accorge di come si è sempre più precisi nel misurare quantitativamente la realtà, le performance, le verifiche (e persino le valutazioni) di ogni sistema a cui apparteniamo: sistema famiglia, sistema scuola, sistema professione, sistema della città, piccole e grandi aggregazioni sociali. 
Quello che scarseggia tristemente è un approccio sistemico che "raccolga" i frammenti di esperienza, di vissuti, di quotidiano, di routine, di interazione e ne faccia una valutazione qualitativa prima di voler apporre un qualsivoglia modifica a quello che è.(progetto educativo, apprendimenti, cambiamenti positivi)
Andando più nello specifico mi interessa in questo momento porre l'accento sulla pedagogia o, ancor meglio, l'educazione (non dei bambini) ma delle persone che abitano e vivono in questo mondo (oggi come infanti, bambini, ragazzini) e domani gli adulti pensanti e operanti nelle nostre città.
Cercando di guardare, con un pò di immaginazione pedagogica, un pò più avanti nel tempo, che tipo di scenario pensiamo di scorgere?
Io quello che vedo, nella mia piccola e grande esperienza, è che l'infanzia è stata sempre più degradata e mortificata che si è tolto ai giovani virgulti la possibilità di godere della noia, luogo privilegiato per la nascita di un pensiero creativo che sappia accedere e attuare il problem solving di fronte a una necessità o a un quesito.
I bambini sono letteralmente spezzettati in una miriade di attività (sport, laboratori creativi, musica, pomeriggi scolastici, compiti, lingua straniera). Cominciano presto al mattino e galoppano sfrenati nella loro frastagliata giornata, fino al crepusccolo, dove si mangia e, si spera, si va a dormire. 
Dove sono i momenti di rilassamento, i momenti di silenzio interiori dediti ad un'attività ludica di concentrazione, i momenti di noia dove pensare ed escogitare, i momenti di solitudine che spingono verso le interazioni sociali, i momenti di malinconia dove sentire "la mancanza" e imparare,così, a tollerarla la frustrazione, i momenti di silenzio dove imparare l'Ascolto. Dove è finito il bambino intero? 
Quello che accade anche (ed è un rinforzo ulteriore di questo delirio) è che i bambini e i ragazzi accedono sempre più precocemente e assiduamente ad internet e tutto quello che ciò comporta (social net-work, giochini, messaggeria varia, video e foto diffuse indiscriminatamente).
Si potrebbero aprire infiniti capitoli, e vorrei aprirli piano piano con passo pachidermico, lento ma deciso e inesorabile, vorrei promuovere un gruppo di studio locale, qui a Varese, la mia città, sulla pedagogia, sull'educazione, sulla De-Frammentazione dell'infanzia: 

l'officina pedagogica.
Il prossimo incontro dell'officina pedagogica 
sarà domenica 25 marzo 2018 dalle 10.30 alle 12.30.

Con Daniela Merlino (pedagogista clinico) e con chi vorrà esserci 
Presso l'Associazione Culturale Corte Dalì segui il link 

Vorrei fondare un gruppo di ricercatori di un pensiero educativo forte che cerca di immaginarsi i bambini e i ragazzi come persone che hanno e avranno un progetto di vita e mirando ed ammirando questo "progetto di vita" ipotizzare strategie, interventi, soluzioni e nuovi quesiti.
Un gruppo che si pone delle domande, che cerca esperti e collaboratori per provare a dare qualche risposta, che condivide pensieri, dubbi e riflessioni, che immagina nuovi scenari e nuove possibilità operative.
Un gruppo che pensa a percorsi di crescita pensando ai bambini.
Un gruppo di educatori che amano esserlo: insegnanti, pedagogisti, educatori, professionisti e terapeuti, genitori, nonni, un gruppo di persone che pensano ai bambini prima che agli interventi.
Spero di trovare compagni d'avventura in questo viaggio di De-frammentazione educativa.



mercoledì 14 marzo 2018

Notazioni biografiche: è uno di quei momenti


Ci sono passaggi, ci sono momenti, ci sono crune che non possono essere evitati.
Nelle corse sfrenate, nelle premeditate assenze, nelle posticipazioni, nelle compresenze arriva un momento nel quale è necessario fermarsi, soffermarsi, impastarsi.
E' uno di quei momenti. 
E' uno di quei momenti biografici fondamentali, dove si creano le svolte, dove si sciolgono dei nodi, dove ci si immerge nella comprensione, nel significato di "prendere con sè". 
Mi piace pensarmi come una studiosa della biografia umana, mi piace pensarmi come un ricercatore di fili d'Arianna, i più svariati: quelli invisibili, quelli dolenti, quelli contemplativi, quelli profondi, quelli audaci, quelli progressisti...
Per meglio calarsi nell'atmosfera di uno snodo biografico è utile pensare agli antefatti, farsene delle immagini, delle sequenze, delle risonanze e quindi connettere tra loro gli eventi della propria vita.

Primo Antefatto
Percorso di formazione di Costellazioni familiari, un lungo tragitto nello studio degli ordini dell'Amore, delle leggi di sistema che indirizzano, plasmano, modellano i propri schemi relazionali nella vita. 
A week end intensivi mi sto confrontando con parecchi dei miei fantasmi, delle buone o cattive madri (o padri, o sorelle o fratelli o nonni) introiettati nell'infanzia, nelle ferite, negli snodi biografici (appunto).
Un percorso irto di ostacoli, di sospiri, di apnee, di condivisione, di sgomento, di resa, di perdono: un bel bagaglio di istantanee di se stessi nel tempo, ma anche nel qui e ora, nel rendere congruente il proprio sentire con il proprio volere.

Secondo Antefatto
Studio ed approfondimento dell'archetipo biografico, delle connessioni, del karma, delle leggi spirituali che governano le relazioni umane. 
Un percorso affascinante e articolato che mi porta lontano e soddisfa contemporaneamente la mia passione per la riflessione intellettuale e l'autoriflessione in chiave antropologica o antroposofica.
Pane per i miei denti e per la mia emotività, nutrimento per l'anima.

Terzo antefatto
I problemi di salute della mia mamma, la difficoltà a trovare la diagnosi, la sofferenza di questa anziana donna, il riincontrare il suo sguardo conosciuto intimamente (come nessun altro al mondo) e nel contempo sconosciuto per gli infiniti rigagnoli, torrenti, fiumi dirompenti, che hanno riempito le nostre vite e hanno necessariamente portato distanza, soprattutto nella stretta quotidianità che tanto costruisce identità (alla fini fine) e non si tratta solo di parenti e amici stretti, ma di tutte quelle interazioni quotidiane che dipingono le pareti della propria giornata interiore.
La mia mamma tanto cocciuta, tanto conosciuta fin nelle membra.
Una mamma di 82 anni che faticosamente vive ancora battagliera e arzilla, fermata di malavoglia da questo accidente di salute.

E con  tutti questi antefatti cosa posso dire? 
Sono, anzi siamo, io e la mia mamma, ad uno snodo ferroviario delle nostre esistenze (insieme e ognuno la propria), un momento magico e rarefatto, a volte tristemente riflessivo, a volte acceso da punte di nervosismo, a volte pensieroso...
Quanto lavoro interiore che stai facendo amata vegliarda: al di là del tempo che rimane (mesi, anni) non importa, quello che accade è  che dei nodi, degli incontri, dei copioni, delle ricapitolazioni, delle sintesi, delle meraviglie, dei solchi, delle risa, dei pianti, delle aspettative, dei rimpianti... rimane solo la certezza di riguardarci moltissimo...
e siamo qui, tu nelle tue vicende, io nelle mie e necessariamente nella nostra vicenda (dove connessa) a rotolarci e intesserci in questo momento peculiare. 
Grazie mamma perchè ancora oggi nasciamo e moriamo, come in un travaglio condiviso  ... ed è comunque un per sempre... 
grazie all'autoeducazione, grazie alla ricerca biografica, grazie alla presenza

Pronto Soccorso? mica tanto... storia di un NON LUOGO



Mi soffermo sicuramente a pensare, non ne ho tempo ma è indispensabile!
Negli ultimi mesi per numerose e faticose vicende che si sono sommate, mi sono ritrovata per ben CINQUE volte in uno dei NON LUOGHI più rappresentativi della categoria: il pronto soccorso!
Le ragioni che mi ci hanno portato sono state svariate: qualche contusione familiare (il ditino della mia piccolina, la mia caviglia ancora dolente, il gomito di Cristian... ah! periodo traumatico...) e in più acciacchi e malesseri impegnativi della mia ottuagenaria mammuzza.
Al di là delle singole occasioni che meriterebbero ognuna un post a parte per narrare le vicende biografiche su chi di noi aveva (ed ha purtroppo per la mia Mami) la necessità diretta di accedere alle cure del pronto soccorso, mi interessa di più soffermarmi su un generico, quanto impellente, post sulle caratteristiche sia di NON LUOGO, sia di luogo di cura (se così lo possiamo ancora definire) che caratterizzano il pronto soccorso.
Purtroppo l'esperienza serrata e diretta che ne ho avuto in questi ultimi 4 mesi mi ha costretto a diventare attenta osservatrice di dinamiche terrificanti, talmente sofisticate e numerose che si rende necessario procedere per punti, con un bell' elenco numerato:

1  NON LUOGO perchè è un'intercapedine tra due luoghi (o più), perchè non ha altro scopo che essere un passaggio, perchè le persone che ci si ritrovano sono le più svariate, con origini, culture, pensieri, abitudini così diverse e variegate, da creare un piccolo universo. Solitamente, i luoghi che frequentiamo, sono "abitati" da persone simili a noi, come linguaggio, come studi, come professionalità, come imput e output  socio/culturali dello stesso tipo... quì ci si incontra, ma non ci si incontra davvero, raramente ci si scambia anche solo il nome, ci si scambia sguardi, brevi o lunghe parole, condivisione di spazi e sofferenze, ma poi è come se fosse un lungo dormiveglia e ognuno di noi ci si dimentica vicendevolmente come se non fossimo mai esistiti, anche se magari siamo stati seduti vicini per 5 (CINQUE) ore e, direttamente o indirettamente, abbiamo sentito un sacco di informazioni personali degli altri. Un non luogo perchè non si fa nulla, ma proprio nulla, se non aspettare,  i telefonini hanno un pò modificato le caratteristiche dei non luoghi (togliendogli quel poco di buono che avevano, ovvero l'interazione sociale casuale). Devo dire che tutti ne hanno voglia, basta un piccolo cenno o mostrare comprensione verso l'altro, perchè i telefonini vengano abbandonati in cambio di una calda e ristoratrice, breve interazione con un altro umano come noi.
Ospedale, sale d'attesa in genere (aereporti, ospedali, stazioni, uffici pubblici) ascensori... sono tutti non luoghi... e quindi sono un meraviglioso ponte nell'antropologia, nell'umanità, nelle peculiarità umane. Mi sono sempre piaciuti i non luoghi, perchè ho sempre trovato interessante studiare queste interazioni... ma 5 (CINQUE) ore sono troppe anche per me, le esigenze corporali, la noia estrema, la stanchezza e l'attesa vuota riescono a spegnere qualsiasi tipo di interesse per gli altri (sob). 

Perchè tutta questa attesa? e qui arriviamo al secondo punto:Pronto Soccorso... entrambe le parole non sono adeguate al luogo, tanto per cominciare l'80 per cento dei frequentatori sono poveri e antichi anziani che soffrono di "normali" malanni da corpo consumato. L'innalzamento della vita media ha portato con sè qualcosa di nuovo da affrontare: cosa dovrebbero fare questi poveri vecchini e le loro famiglie? Un anziano febbricitante, vomitante, con le palpitazioni, le cadute, i giramenti di testa, i dolori al petto, alle anche, etc etc... dove dovrebbe andare? Prenotare una visita medica? Così avrà un appuntamento in media tra sei mesi o un anno (forse c'è la recondita speranza della nostra società che nel frattempo muoia?) Oppure cosa dovrebbe fare? Andare dal medico generico che più che auscultarlo non può fare e magari il povero vecchietto ha bisogno di un antidolorifico per una brutta colica? Oppure? Oppure vanno al pronto soccorso e aspettano il loro turno insieme ad un'altra orda di poveri umani, sofferenti, impazienti, ansiosi e chi più ne ha più ne metta? Ovviamente questo 80 per cento di utenza intasa fuori misura il pronto soccorso (come ben sottolineato dai maledetti monitor sparpagliati per tutta la sala d'attesa del PS con la scritta "stato: gravemente sovraffollato"). Tutto questo per dire che la parola PRONTO non è proprio adatta... l'attesa media è di 5/6 ore... con variazioni più verso le 7/8 ore... inaudito. Intendiamoci non voglio assolutamente dire nulla contro gli anziani, ANZI ... penso che la nostra società dovrebbe adeguarsi alle nuove esigenze della popolazione, istituendo un pronto soccorso geriatrico, dove gli anziani possano anche trovare delle cure più adatte ed immediate alle loro problematiche. Così come per i bambini, si lasciano al pronto soccorso solo i casi legati alla traumatologia. 
Tutto questo ci porta a parlare della seconda parola: SOCCORSO. Non è possibile che il PS sia sovraffollato da influenze, flatulenze, malori, ansie, indigestioni e ciucche... il SOCCORSO dovrebbe riguardare appunto il pericolo di vita e la traumatologia. 
Non credo di essere l'unica illuminata ad accorgermi di tutto ciò. credo che le scelte economiche delle aziende (perchè di aziende si tratta) sanitarie decidano deliberatamente di mantenere uno staff gravemente insufficiente, di non occuparsi di un approccio gestionale a lungo termine che riorganizzi le attività ospedaliere offrendo, dislocati sul territorio, degli ambulatori un pò più attrezzati e più popolati di personale delle attuali guardie mediche, tutto in virtù e a favore dell'economia. La nostra società ha dei bisogni nuovi, non soddisfatti dalla nostra sanità, si gratuita, ma il prezzo che chiede in cambio è molto alto....

3  e qui arriviamo al terzo punto, sì perchè non è ammissibile che delle persone (in linea di massima sofferenti) rimangano 6, dico SEI ore in attesa... è inumano: oltre a mia figlia, ho visto molti bimbi attendere con i loro ditini fasciati, o la testa un pochino sanguinante, il gomito gonfio o l'occhio pesto. Ho visto adulti con smorfie e visi contratti mentre, letteralmente, sorreggono con orrore il loro braccio inerme e fratturato. Ho visto anziani riversi a penzoloni su scomode sedie a rotelle. Ho visto ragazzine ubriache, lasciate da sole, cadere malamente dalle lettighe stazionanti lungo le pareti grigie. Ho visto donne incinte collassare per la fatica, il calore e la scomodità...ho visto famiglie macerate dal dolore e la preoccupazione per il loro caro, non avere un luogo dove raccogliersi per piangere, per mantenere la dignità della propria sofferenza emotiva, protetta dagli sguardi dei curiosi. Ho visto bande di ragazzini divertirsi insieme chiassosamente, tutti seduti e ammassati sulle sedie, mentre poveri anziani o persone sofferenti erano costrette a rimanere in piedi, perchè non c'era più posto a sedere... insomma è INUMANO, non è lecito, può capitare una volta che casualmente si capiti in una situazione di particolare emergenza e sovraffollamento, NON PUO' ESSERE LA REGOLA! No non è possibile, voglio denunciare questa cosa, mi pare evidente che il personale sia troppo poco, che corrono come matti, vengono trattati male dai pazienti (mai nome generico è stato più azzeccato), dai familiari, dai colleghi... dall'umanità tutta. 
La nostra città ha bisogno di qualcosa di più... mi sembra evidente.
Aggiungerei che alle ore 19.00 chiude il bar interno e ci sono solo quelle orrende macchinette... se non sei esperto, entrando al pronto soccorso nel pomeriggio, non pensi di doverti portare qualcosa da mangiare, non immagini che tra le 22 e mezzanotte (o oltre) ti verrà una fame incredibile e intorno all'ospedale (nei pressi) non c'è alcun esercizio pubblico, per ristorarsi, per avere un minimo conforto e sollievo (soprattutto per gli accompagnatori) è necessaria la macchina... NO SIAMO NEL LUOGO DELLA SOFFERENZA... e tutti devono soffrire: in piedi, affamati, dilaniati dalla noia e dal nulla. (Aggiungerei che anche un banale cambia monete, o una dannata macchinetta che da il resto sarebbero auspicabili, perchè quando muori di sete e non hai monete che fai?) 

4  Ed ora arriviamo al quarto punto che, secondo me, offre ulteriore risposta ai perchè delle interminabili attese e, nel contempo, apre un nuovo capitolo di questo racconto del purgatorio in terra, ovvero la BUROCRAZIA e i PROTOCOLLI. 
Non è possibile fare coda all'ingresso quando si viene registrati dall'infermiera che assegna il codice d'urgenza (verde TUTTI perchè i rossi e i gialli arrivano con l'ambulanza). Poi c'è l'infinita attesa di cui parlavo... ma non è mica finita qui: poi si viene chiamati da una porta arancione ed ognuno si sente sollevato, dopo 5 (CINQUE) ore di attesa finalmente si avvicina la soluzione. 
Mi spiace NON é COSI'! c'è una seconda sala d'attesa, meno affollata, di fronte agli ambulatori, e lì si aspetta il proprio turno, non è un'attesa lunghissima, mezz'oretta.... ma dopo le 5 (CINQUE) precedenti sembrano altre otto ore. Finalmente si incontra un medico (dicevamo appunto PRONTO soccorso... beh non ci siamo) e qui dopo qualche domanda e pochissima visita si è smistati verso nuovi accertamenti... sì perchè i medici hanno rinunciato a quello che li rendeva unici, magici, indispensabili, la loro capacità di visitare, palpare, auscultare, ascoltare, comprendere che portava a delle diagnosi verosimili che poi potevano essere supportate da qualche esame diagnostico, non è più così, la paura di ritorsioni, di querele, il rimbalzo delle responsabilità, fa sì che ci siano dei protocolli da seguire e degli esami standard da eseguire (unica facoltà del medico decidere quali) e ci si ritrova in un'altra sala d'attesa ad attendere un'ecografia, un esame del sangue, una radiografia, etc... 
beh è quasi come dirigere il traffico... nuova attesa... mezz'ora circa? dipende... si esegue l'esame e poi? SI ATTENDE ANCORA di essere chiamati dal medico... leggerà i dati senza guardarti un granchè e stilerà una bella diagnosi supportata SOLO dagli esami... poi (se ti va bene che puoi andare a casa) lo stesso medico compila a PC le carte di dimissione (E FUORI LE PERSONE ATTENDONO... non potrebbe compilarle qualcun altro? e il medico le firma e basta?)

E qui si apre il quinto capitolo, il più dolente a mio avviso. Non voglio fare polemica e non voglio neanche portare un pensiero di cura alternativa, ma trovo che questi luoghi di cura siano tutt'altro che dediti alla cura delle persone: si lavora in tutela delle rappresaglie, sulle garanzie, sulle percentuali di risoluzione, sugli standard, sugli organi... dove sono finite le persone? l'umanità? la compassione? 
Tutto ingoiato dalle routine, dalla tecnica, dalle sezioni, dai numeri, dalle statistiche... cosa succede? Davvero l'attenzione ad un paziente INTERO non è più possibile? Davvero è necessario che una persona sofferente (anche se in codice d'urgenza verde) debba attraversare tutte queste peripezie? Davvero non possiamo fare nulla? Quello che trovo sorprendente è che le persone con cui ho parlato di queste esperienze, mi hanno risposto che è "normale" così, che funziona così, che non si può fare diversamente. Ma davvero? Davvero? Non abbiamo neanche più la forza o il discernimento di vedere che NON è NORMALE così e che dovremmo gridarlo con tutte le nostre forze. Certo non lì all'ospedale dove ci sono persone devastate (più che dai malanni dal circuito dei protocolli) e stanche, dove i medici e gli operatori danno tutto quello che possono, dove regna la paura e il rispetto... della morte... ma poi nessuno dice più nulla, nemmeno io... e quindi ho pensato che scrivere un post potesse essere un inizio... dire FORTE no, NON è GIUSTO, non è normale così.
E forse questo è il vero significato di tutte queste mie vicissitudini... sono stufa di veder che il pensiero di interezza sugli umani è in pezzi, sono stufa di vedere frammentazione e disgregazione e disumanizzazione (nella scuola, negli ospedali, nelle strade, nelle organizzazioni) ... voglio parlare, voglio condividere, non voglio essere indifferente....