...curioso nel mondo!!!


...curioso nel mondo!!!

I gatti sono curiosi, sornioni, saggi e liberi.



La ricerca continua del filo conduttore del significante

mi porta ad infilare i baffoni in molti luoghi interessanti...







lunedì 30 maggio 2016

Ahi che dolore!

Sono ancora qui a parlare del mio dito e del taglio che mi sono fatta ieri.
Ripeto niente di grave o impegnativo, ma ha innescato talmente tante riflessioni che mi sembra sensato cercare di dipanarle un pochino e, magari, offrire spunti di pensiero per altre persone.

Uno dei punti salienti del mio meditare riguarda la globalità del sè. 
E'strabiliante prendere coscienza di come anche la più piccola parte del corpo coinvolta in un malessere, (anche se la mano destra ammetto sia molto sollecitata) porti risonanza in tutto il resto del corpo e in molteplici attività, quelle di routine, abitudinarie che "svolgiamo" regolarmente, come fossero azioni di supporto (come subordinate) ad altre azioni che scegliamo. 
Quindi è interessante notare come certe torsioni del busto inneschino una vibrazione dolente al dito indice, oppure accorgersi dell'impugnatura della penna, riprodurla adattata, sentire con il cuore che qualcosa in giro non va... E quindi un malessere semplice ci insegna a riconoscere profondamente il senso della vita (appreso e costituito nel primo settennio insieme al senso del tatto, l'equilibrio, il movimento e appunto il senso della vita - R.Steiner).
E insomma, in questa globalità di sè si muovono sinuosi i nostri corpi (fisico, eterico e astrale) ed è una bella danza se si riesce a sbirciarla come spettatori e godersene lo spettacolo, perchè ogni vita è un capolavoro e il modo di funzionare del sentire umano è divinamente Bello! E per un attimo perdere tutta questa armonia (un dito dolente ad esempio) offre la possibilità di accorgersene... e spero di conservarne il ricordo vivente (ovvero anche in assenza dello stimolo - il dolore appunto).

Quindi un secondo spunto di pensiero è proprio legato al dolore.
Niente come il dolore, (del corpo o dell'anima è uguale) porta consapevolezza di esserci, di essere viventi nel nostro destino. E' come se nel benessere un pò ci addormentassimo (almeno per me è così) e no, mi dico fermamente, no! Davvero voglio investire e coltivare la presenza a me stessa, la coscienza di me nel mondo anche (e soprattutto) nello stato di benessere. Che poi equivale alla capacità di lasciarsi incantare dal mondo, a qualunque età, in qualunque luogo.

Un altro spunto di riflessione è un elogio per la lentezza: 
e niente con un dito fuori uso sei impedita!
Affari semplici diventano complicati, come aprire le serrature, le bottiglie d'acqua, un pacchetto di patatine, ma con un pò di fantasia e pazienza (lentezza appunto) tutto si risolve semplicemente. Ci sono vicende un pò più complesse come sbucciare degli ortaggi o cucire... 
mannaggia proprio oggi la mia piccina si è presentata a casa con le ciabattine dell'asilo con la fame, completamente aperte davanti, mi ha guardato fiduciosa del fatto le avremmo riparate entro oggi ! Acc!
Sbucciare e cucire non si può e ringrazio di avere un amoremio versatile e capace! Soprattutto di capire che è importante per una bimba non essere delusa nelle sue aspettative... 
Insomma solo movimenti lenti e tranquilli e il mondo e il tempo si dilatano, è piacevole, meno nella corsa  si sentono e vivono sfumature diverse.

E ultimo spunto di riflessione, mi accorgo che penso tantissimo, incessantemente, ma non un pensiero razionale, un pò intuitivo, come se percepissi con la coda dell'occhio l'insieme delle situazioni che vivo mentre che le vivo. Sembra un gioco di parole, in realtà è come destreggiarsi tra testo e contesto. Capisco che è un modo d'essere, a volte è fruttuoso nelle relazioni con gli altri, in altre ti rende vulnerabile. 
A volte vorrei non sapere, altre non so l'evidente. Ma è bello riconoscersi in prima istanza, per essere consapevoli dei propri moti dell'anima ed essere indulgenti sulle proprie cadute ed esigenti dai propri talenti. 
E credo che questo sia il fondamento della presenza di cui dicevo prima, dell'esserci e ripeto quello che ho scritto ieri: faccio voto di Vastità. Grazie! 

domenica 29 maggio 2016

Eterico confuso...

Sono stanca, un tantino afflitta (soffusamente però), mentre mi si accendono le rotelle e cominciano a sfrigolare. 
Per spiegarmi: mi sono fatta male (niente di grave), cercando di non far cadere un vaso, si fanno gesti inconsulti e movimenti degni di matrix, ho incontrato un angolo (dal numero di stelle ho propriocepito il vero significato di "spigoloso") e mi sono fatta un discreto taglio su un dito. 
Vabbè dopo il primo tamponamento, vedi che te la puoi anche cavare ed ora, una veloce retrospettiva. Ecco cosa intendo con le rotelle che si attivano. Perchè la prima domanda che mi pongo, come al solito, è: come mai? 
Cosa mi porta incontro questo mini accidente? 
E la prima cosa che posso dire è che "mi accorgo", ovvero sono consapevole che in un momento di emergenza (fisica in questo caso) si attinge dalle proprie forze eteriche.
E quindi mi soffermo su queste forze... e mi accorgo che passaggi repentini tra clima estivo e clima autunnale confondono il mio eterico, mi accorgo che ci sono incontri che depredano positività in cambio di ansia e paura, mi accorgo che è il dito indice (il dito di Giove) penso che vorrei ricordarmi di aver fatto voto di vastità (che comprende in sè umiltà).
E quindi desidero più forze vitali dalla natura, (più bagni di natura) e maggior tempo di retrospettiva interiore, tempo per me, per raccogliere e raccogliermi.
E tutto questo grazie a un dito che, in un istante, ha raccolto a sè tutte le forze eteriche diponibili (e meno male) e quindi sono stanca ma soddisfatta di essermi incontrata. 

sabato 28 maggio 2016

La cruna dell'ago: passaggi identitari


In fatto di anima, la crescita necessita di una metamorfosi. 
L'immagine che meglio descrive questo concetto è quella del bruco che si trasforma in farfalla, la metamorfosi appunto. 
Crescere ed evolversi necessitano, quindi di una preparazione, di un'attesa, di un sacrificio e di una rinascita. 
Secondo me questo è il modo di crescere dell'anima, del sentire, dell'esserci.
La prima parte di questa metamorfosi (la preparazione e l'attesa) corrisponde in tutta quella parte di sviluppo, di scoperta, di vissuto vero, di esperienza, di costruzione e di realizzazione della biografia individuale (biograficamente da 0 a 35 anni circa). 
E' questo il "viaggio d'andata" fino alla boa dove,il mondo fuori (e il mio relazionarmi con esso), mi hanno plasmato e identificato. Dai 35 anni comincia "il viaggio di ritorno", dove io,  nel relazionarmi con il mondo, lo modifico. 
Parallelamente e nello stesso modo si sviluppa il nostro sentire, nella prima parte, il nostro sentire ci porta a collocare il mondo in una scala di valore (partendo da quello che più attiva un mio sentimento di simpatia, fino ad arrivare gradatamente al sentimento di antipatia), successivamente potrei cominciare, maturando, ad essere consapevole che il mondo fuori da me si trasforma secondo il mio sentire, insomma se mi nutro di paura (della malattia, dello straniero, del terrorista, delle case farmaceutiche, delle multinazionali, dei complottisti, del giudizio divino), allora quello è lo scenario che mi verrà incontro. 
Invece se mi occupo di educazione, di arte, di sostenibilità, di arte sociale, di relazione, di amore, in tal caso, lo scenario che mi verrà incontro sarà più vivente, relativo, accogliente, flessibile.
Questo scarto di consapevolezza e di prospettiva, non sempre è indolore, e qui siamo nella seconda parte della metamorfosi (sacrificio e rinascita).
Il passaggio da me al mondo e alla crescita interiore portano con sè un piccolo sacrificio, lasciare un pò se stessi ed è questo che intendo per passaggio identitario, attraverso la cruna dell'ago: essenzializzare se stessi per passare attraverso. 
Assumersi il proprio sentire DEL mondo e agire IN esso (piuttosto che reagire AD esso). E questo è, nell'ottica del buono, bello e vero, il compito dell'uomo (biograficamente parlando) dai 35 anni in poi.

giovedì 26 maggio 2016

Sulla conciliazione...



Conciliazione, parola davvero di moda, la uso anch'io molto, perchè penso abbia un significato profondo, sensato e irrinunciabile.
Etimologicamente deriva dal latino concilium, ovvero unione o vincolo. Interessante!
Unire cosa, quale vincolo? 
Dipende ovviamente dal contesto in cui tale termine viene utilizzato, ad oggi, il suo maggior uso è legato alla conciliazione tra tempi di lavoro e tempi personali. 
Con il progredire del diritto dei lavoratori (sacrosanto), si cerca, laddove possibile e/o vi sia la volontà di farlo, di organizzare spazi e tempi di lavoro che lascino la possibilità agli individui di (appunto) conciliare la propria professionalità con le vicende della vita privata. 
Il primo pensiero che mi viene in mente, prepotente e insistente, è che già in partenza c'è qualcosa che non quadra, in teoria, nella realizzazione piena di un individuo, il lavoro non dovrebbe essere qualcosa a parte rispetto alla propria vita individuale. 
In altri termini, se ognuno facesse il lavoro che ama, sfruttando i propri talenti, godendo della propria attività, non ci sarebbe la necessità di conciliazione. 
E' vero che in prima istanza questi pensieri sono nati in relazione alle pari opportunità, pensate e spinte in relazione alla giusta emancipazione della donna (giusta perchè ognuno deve poter scegliere).
Quello che è interessante che tutto ciò è stato collegato ai compiti di cura (specificamente della donna? ci sarà un perchè? forse perchè ci viene meglio?credo proprio di sì). Insomma emanciparci dal nostro naturale talento mi sembra un fatto strano ... dall'altra parte (al suo opposto) le leggi, giustamente, tutelano e cercano di favorire le donne che devono (e vogliono) accudire i propri pargoli e non vogliono rinunciare alla professione. 
Ma ancora qualcosa non mi quadra, tornando al significato originario della parola, mi sembra che tutto ciò rimanga assai lontano dal concetto di unione (forse più vicino a vincolo, ma mi sembra quasi che le cure materne prendano una sfumatura simile ad una gabbia).
Non so, credo che nel concetto di unione si raccolga un pò tutto. 
Ero una ragazzina quando lessi il libro di Pirandello - uno, nessuno, centomila - rimasi molto colpita ( e per questo lo cito spesso), perchè credo che offra una pennellata sincera e colorita della realtà psichica di ogni individuo. 
Ognuno di noi incarna, rappresenta, abita centomila individualità, e forse anche di più, tante quante sono gli incontri con altre persone nella vita. 
Siamo tutti un pò liquidi e ci adattiamo molto alle persone che incontriamo, offrendo di noi sfumature diverse, parti di noi e aspetti vari a seconda dei contesti dove ci troviamo o le persone che ci troviamo di fronte.
Questo Uno che si frammenta in Centomila, rischia di diventare nessuno se non si fa uno sforzo di conciliazione di tutti i noi stessi... ecco cosa si intende per unione. E vincolo?  Vincolo perchè se non lo facciamo impazziamo ed è quello che sta succedendo oggi nel mondo.
E' indispensabile coltivare la conciliazione tra i nostri diversi io, cercando di vivere vite (personali, professionali, intime) il più soddisfacenti possibile. 
Non posso pensare di vivere una vita in salute e felice se faccio un lavoro che odio (anche se ho una vita privata felicissima). E' necessario conciliare le mie aspettative, i miei sogni, i miei bisogni, i miei talenti, i miei difetti, i miei affetti, i miei compiti, i miei diritti e i miei doveri, come persona, cittadina del mondo, amica, parente, collega.
La conciliazione non è con gli altri, ma con se stessi, dobbiamo essere noi a capire cosa tradisce noi stessi, cosa per noi è irrinunciabile, cosa ci imbruttisce ... in questi casi la conciliazione è impossibile (ecco il concetto di vincolo), la conciliazione vuole dare onore, forza e valore all'unione, alla contemporaneità di sè, in ogni frammento di vita... ed io mi sforzo e ci tento e la desidero e la promuovo e la cerco: la conciliazione... per me, per la mia famiglia, per chi mi sta intorno... e spero (almeno talvolta) di riuscirci.


martedì 24 maggio 2016

Dipendenze...


Piccoli passi quotidiani per liberarsi dalla melassa che ci tiene incollati nel nulla.
Ecco quello che giorno dopo giorno vorrei fare, piano, senza clamore, senza eroismo, senza promesse.
Nella nostra stramba società le dipendenze proliferano come funghi in un bosco umido di fine estate. 
E' interessante osservare le lotte e le campagne che privilegiano di combattere ora una dipendenza, piuttosto che un'altra, senza mai soffermarsi a pensare qual è il vero concetto di dipendenza e considerarla come un sintomo di qualche cosa d'altro.
Per spiegarmi cercherò di fare degli esempi, perchè credo che questo sia un tema molto interessante di questi tempi.
Parliamo delle sigarette: mai campagna fu più stupida e ipocrita. Non esprimo questo parere (sicuramente di parte) perchè sono una fumatrice (haimè), ma perchè trovo insensato accanirsi sulla punta di un iceberg, ritenendo il fumo la causa di un milione di mali e nel contempo, coloro che attuano le campagne antifumo, detengono il monopolio di vendita della stessa "mercanzia" (non sia mai che qualcun'altro avveleni i propri cittadini). Inoltre ci si accanisce con turpi foto disgustose, frasi sibilline e auguri di morte e malattia. E se si facesse una campagna positiva? Sulla qualità del respiro per dirne una? 
Non voglio dire che il fumo non faccia male, sto dicendo che è una dipendenza e come tale va trattata, ovvero trovando la compensazione che riempie, non facendo terrorismo spiccio (e ripeto per poi vendermi caro e salato il materiale incriminato)... 
Ma andiamo avanti, perchè non voglio soffermarmi sulle sigarette o il "fumare" in genere, perchè già vedo le schiere (beh insomma le persone che si schierano) chi a favore chi contro il famigerato fumo (passivo, sigarette, sigari, canne o sigarette elettroniche che dir si voglia). 

Parliamo della televisione anche: c'è chi la guarda tutti i giorni, chi la tiene accesa per "compagnia", chi ha degli appuntamenti fissi ai quali non vuole rinunciare (ed è disposto a carte false, mentire agli amici, cambiare date di compleanno pur di non perdere il programma preferito)... questa non è dipendenza? Oggi è possibile procrastinarla un pochino (ho registrato il programma, con internet la guardo in streaming, sky ripete 24h al giorno, etc) ma sempre dipendenza è...

Oppure cosa possiamo dire sui prodotti a base di paracetamolo (che non so quanti sanno che hanno effetto sul sistema nervoso centrale e quindi sono a tutti gli effetti delle droghe)? Conosco persone che utilizzano bustine e pastigliette quotidianamente, per tutti i dolori e dolorini, per la fiacchezza, per la stanchezza... ma come fanno a sapere come si sentono quando stanno bene?

I runner sono i più sfegatati dipendenti mai visti: chi comincia a correre (e questo vale un pò per tutti gli sport), non riesce più a farne a meno, quella scarica ormonale data dal sovraffaticamento diventa una droga irrinunciabile e, mascherandosi dietro il velo del movimento che è salute, anche costoro, sono succubi di una dipendenza, senza tener conto che di solito i super sportivi sono anche spesso infortunati e pur di continuare nel loro delirio di dipendenza abusano del paracetamolo (vedi sopra).

E non abbiamo finito, ci sono i videogiochi, i social network, i telefonini, le chat, lo shopping compulsivo, le diete, le mode, i telefilm, i libri, il cibo, il sesso, il lavoro... insomma tutto ciò che è smodato e, soprattutto, fuori dal nostro controllo.

Il senso di questo mio post non è di svelare nulla, ne di difendere le sigarette, ne di bandire ogni vizio dalla faccia della terra, quello su cui vorrei soffermarmi è sul concetto di per sè e pormi una semplice domanda: perchè siamo così dipendenti? 
La dipendenza parte dal presupposto che non si possa scegliere, questo è il fatto strano. Siamo in una società dove il pensiero è (teoricamente) libero, dove non esistono più schiavi e padroni, dove (volendo) potremmo scegliere di percorrere qualunque via... eppure ci schiavizziamo da soli in tutte quelle gabbie di cui sopra.
Verrebbe da dire che l'uomo, alla fin fine, è un essere che ha bisogno di essere regolato da altri? Che vive più serenamente in schiavitù?
No, non credo che sia così, credo semplicemente che l'uomo, potendo porsi delle domande di senso sulla propria provenienza, sul perchè della vita, sul significato dell'esistere, maturi dentro di sè un grande senso di vuoto, come una mancanza, come un'angoscia di morte... 
e la si riempie di tutto quello che si riesce a trovare (e il sistema economico ci offre pronto ogni opportunità e modello possibile).

Un bambino dipende dai suoi genitori ed è giusto così, perchè possa essere accompagnato ad essere un individuo (domani) capace di scegliere... cosa ci blocca davvero? la mancanza di fede e fiducia? la paura di morire? la paura di soffrire o di sbagliare? 
O forse ci vogliono forze di volontà (fatica) e forze del cuore (coraggio) per governare un pensiero lucido, cosciente e presente.
E allora come dicevo all'inizio sono piccoli passi da fare, quotidiani, costanti, sentiti.
E' inutile che mi pongo in un braccio di ferro e  impongo  me stesso nella rinuncia, se non riempio il mio vuoto interiore, lo riempirò con un'altra dipendenza e, soprattutto se fallirò nelle mie rinunce, nutrirò a dismisura il mio vuoto, grazie ai sensi di colpa, al senso di inettitudine e fallimento.

Piccoli passi ogni giorno, cominciare almeno a fare caso a quali e quante dipendenze abbiamo, guardarle onestamente e cercare di sfuggirle talvolta, magari impiegando il medesimo tempo in qualcosa di più nutriente per me e per il mondo stesso. Guardarmi e accogliermi nella mia debolezza, invece di condannarmi e rendere, così, sempre più pasciuto il mio personale demone della dipendenza. Proprio così perchè la dipendenza è un demone divoratore che ingigantisce autodivorandosi e sbranando il nostro mondo intorno.
Qualunque sia la dipendenza, perchè se non possiamo scegliere saremo sempre ferali e mai coscienti e mai capaci di vero sacrificio nelle scelte d'amore (per i nostri figli, la terra, gli amici, i compagni ... ).

Sono una fumatrice, riconosco una grande (grandissima) dipendenza e riconosco che per me è una lotta troppo grande, posso però cominciare da cose più semplici (per me), giocare meno al computer ad esempio, mangiare meno focacce e pizze (che mi gonfiano come un pallone), guardare meno il cellulare nelle code in macchina e ricominciare a guardare il cielo, smetterla di parlare e ascoltare di più (e si anche parlare è una forma di dipendenza)... e laddove non riesco, non biasimarmi, ma almeno vedermi... è già un inizio, sono già verso un cammino di libertà interiore... 
e questo è il vero e unico (per me) passo verso l'emancipazione dalle dipendenze.

domenica 22 maggio 2016

Elogio del riordino

Finalmente in questi ultimi due giorni è arrivato un pò di caldo. 
Portare la mantellina di lana in maggio è un affronto al buon senso, a tutti i sostenitori dell'effetto serra e alle rondini.
Passi la primavera piovosa, tipica di Varese, ma il freddo no. 
E in questo fine settimana siamo ritornati ad uno standard di stagione.
Un fine settimana di grandi pulizie e riordino, io e Cri ci siamo battuti senza risparmiarci per cercare di avere la meglio su entropia, polvere, vestiti, bucato, giocattoli e animali domestici. 
E' stata una dura lotta, ma ce l'abbiamo fatta e stasera, stanchi ed esausti, siamo soddisfatti. Ci sarebbero ancora degli angoli da sistemare, ma devo dire che FINALMENTE siamo venuti a capo del marasma che ci aveva colpito dopo i lavori in casa. Adesso possiamo tornare ad occuparci di ordinaria pulizia e normale amministrazione casalinga. 
Mi soffermo così a lungo su questo argomento perchè mettere in ordine, pulire la casa e rassettare sono azioni comuni, semplici e alla portata di tutti, ma hanno un grandissimo valore terapeutico e meditativo. 
E' come se si mettessero a posto anche i pensieri e i sentimenti, come se si togliessero polvere e detriti anche dall'anima e alla fine ci si sentisse molto più leggeri e "puliti". Infatti ho trascorso due giorni senza pensare a nulla, ne il lavoro, ne i progetti, ne la Corte Dalì, ne le preoccupazioni, ne le scadenze, ne ieri... ne domani. AHHH che meraviglia l'assoluto presente e null'altro. 
E questa sera ho voglia di soffermarmi un attimo e fare un pò di retrospettiva su questo periodo tanto denso e significativo e non posso fare a meno di correre con il ricordo alla settimana appena passata (solo... mi sembra molto più tempo). Mi è accaduta una cosa meravigliosa, ho potuto toccare con mano il significato di affidarsi alle forze celesti, ho potuto sentire la forza dell'audacia e della fiducia. Mi sono lasciata condurre dall'istinto e ho seguito i miei sogni e subito il cosmo mi ha risposto benevolo. 
Ho fatto una mossa azzardata, ho deciso di ampliare i miei progetti, di ridurre le mie entrate e aumentare le spese, credendo veramente che questo è giusto, sperando (in verità) di poter ampliare sempre più la Corte Dalì, la casa dell'arte sociale perchè credo sia una cosa giusta e vera. Credo fermamente che se ci si mette a disposizione del mondo, se si costruiscono le basi della cooperazione e del "fare insieme" il cielo non può che assisterrci. Ed è stato così, è bastato muovere un passo in questa direzione e sono arrivati nuovi collaboratori, nuovi contatti, nuove prospettive.
Mi ha ricordato l'immagine del film di Indiana Jones, quando doveva attraversare un crepaccio con fiducia e muovere un passo nel vuoto: solo quando l'ha fatto è comparso un ponte... 
E' sempre così, per avere l'aiuto celeste non si possono chiedere garanzie, il primo passo, il movimento, l'azione, l'impulso, la volontà deve nascere da dentro, incondizionatamente e allora i progetti, gli ideali, i sogni prendono il volo. E questo non vuol dire che non ci saranno difficoltà, che sarà facile, ma vuol dire credere in se stessi e nei propri progetti e allora le forze si moltiplicheranno a dismisura. 
E stasera, con questa bella sensazione, con la casa bella pulita e ordinata, dopo un fine settimana meditativo, trascorso in seno alla mia amata famiglia, scrutando le mie bambine che crescono, il mio amato che mi accompagna, le mie belle bestiole: mi sento piena di energia, di gratitudine e pronta a riprendere la corsa in questa folle e meravigliosa vita.

mercoledì 18 maggio 2016

Professione: madre di famiglia

Mi esercito, ci provo, ci tento di cogliere le risonanze, sentire le sincronicità e collegarmi a significati che si intrecciano. 
E' quello di cui vado sempre parlando e quindi non posso esimermi dal raccogliere l'invito "casuale" di questi giorni. 
Infatti, proprio l'altro ieri, ci siamo ritrovate alcune mamme e abbiamo nominato un libro che lessi molto tempo addietro, niente di particolare fino a qui, capita spesso di parlare di libri letti con altre persone. Senonchè stamani, accompagnando mia figlia a scuola, lì in bella vista sullo scaffale, eccolo lì, il libro appena nominato: professione, madre di famiglia! 
Bel caso... bella risonanza.
Siccome penso che mai nulla è per caso mi sono messa un attimo a riflettere sul perchè di questo incontro o di questo ritorno. 
Ricordo che incontrai questo testo interessante all'inizio del percorso nella scuola steineriana delle mie figlie, che poi è stato anche un interessantissimo percorso anche per me. 
Ricordo anche che me lo ha presentato Donata, un'artista splendida che ci ha portato pittura, biografia, seminari e approfondimenti.
E' passato molto tempo e questo libercolo si ripresenta (quasi sorridente) ed io non posso fare a meno di collegarlo alla mia vita e ai percorsi che attivo come pedagogista grazie all'Associazione culturale Corte Dalì.
Proprio questo è il punto! 
Pedagogista nella scuola, negli Enti, con gli educatori e gli insegnanti, ma il primo e più importante educatore è la mamma. 
Mi sembra quasi un invito, una spintarella ad approfondire questa tematica tanto bistrattata. 
Seguendo l'onda del femminismo e/o delle pari opportunità, una donna a dire che sta a casa a curare i propri figli quasi si vergogna, quasi si scusa di non essere sufficientemente produttiva in questa società che corre (dove corre? a fare denaro per acquistare oggetti che non ci servono? O peggio ancora per mantenere una macchina che ci porta a lavorare, per pagare l'asilo, la baby sitter e i vestiti adatti alla nostra professione?).
Magari i nostri piccini, schiacciati dal ritmo sfrenato e dalle competenze inculcate vacillano, allora dobbiamo "guadagnare" ancor più per poterli mandare dallo psicomotricista che li faccia saltare, arrampicare, cantare, correre e rotolare... e se li portassimo nel bosco? E chi ha tempo? C'è il lavoro...AH!
Cosa è successo? come è possibile che le donne si siano fatte convincere che la professione di madre di famiglia sia inferiore ad altre?
E' la più importante di tutte... è quella che semina per il futuro, è quella che costruisce e intesse salute, biografia, sicurezza, sogni, autostima, etica, igiene, rispetto, natura, volontà, sentimento.... Società Civile!
La madre è quella che fa da ponte tra le generazioni, si occupa dei piccini e accompagna gli anziani, porta la saggezza di quello che era e il seme di quello che sarà.
Non sarà un caso (o è proprio un parallelismo) che la "Madre Terra" sia tanto bistrattata come questa fondamentale professione dimenticata e disprezzata?
Certo, sento il coro delle mamme che mi dicono di starci io chiusa in casa a parlare solo con bimbetti, a pulire, ad accudire e diventare pazza in mezzo a capricci, noia e urla. 
Le mamme necessitano di uscire nel mondo e incontrare una dimensione relazionale più ampia, perchè la nostra società le ha relegate in mini appartamenti senza terra o giardini vicini, sole tra le mura domestiche a gestire il proprio senso di inadeguatezza. Non è più come un tempo, quando sin da bambine si vedevano donne allevare bambini (le zie, le vicine, le sorelle, le amiche). Oggi, tutto d'un botto, una giovane donna viene letteralmente catapultata in un mondo pieno di cura, bisogni e amore incondizionato... rimane disorientata dai propri sentimenti contrastanti, si sente in colpa dalle sue necessità di evasione e il lavoro è la scappatoia più semplice.
Anche i bambini non hanno più gruppi di pari con cui confrontarsi e diventano piccoli tiranni degli adulti, allora li facciamo socializzare in ambienti strutturati "così stanno con gli altri bambini".
Non voglio fare quella che recita il vecchio motto "si stava meglio prima"... no è stato fondamentale, necessario, meraviglioso che la donna si sia potuta emancipare e riconoscersi come individuo al di là del ruolo. 
E' stato necessario correre lontano, quasi all'opposto di sè... ma adesso, con il senno di poi, bisogna riconquistarsi quello che appartiene all'essere donna. 


E non intendo questo concetto solo legato a chi fa la scelta di avere dei figli. Professione madre vuol dire avere a cuore, riflettere su di sè e sulle scelte, di essere inclusiva, lungimirante, accogliente, che nutre, alimenta, sostiene... caspita sarebbero aggettivi fantastici per un politico che governa la "res pubblica", la casa di tutti... la terra.
Invece, spesso accade, che le donne che accedono ai luoghi di potere, lo fanno con un pensiero maschile, da squali, senza pelo sullo stomaco, in un' ottica di welfare economico. 
Professione Madre è quello stato di amore incondizionato per i propri figli, per le proprie creature, per la propria casa: e non siamo tutti parte della stessa umanità? E non sono tutti nostri figli i bambini del mondo? E non è la nostra casa la terra?
E quindi raccoglierò l'invito mandatomi dal cosmo e comincerò a pensare percorsi che non siano rivolti solo ad educatori e/o insegnanti e/o genitori, ma voglio ipotizzare percorsi che restituiscano dignità ad un'impostazione femminile, potrei dire matriarcale della cultura. E non voglio dire che è una faccenda solo delle donne, perchè dentro ognuno di noi (uomini o donne) convivono femminile e maschile e,  se si riuscisse ad armonizzare al meglio queste due parti, tanta strada si sarà fatta verso la pace e la sostenibilità.
Non sono pensieri innovativi, l'ecologia della mente (G.Bateson ad esempio) è un concetto già ampiamente trattato e credo sia arrivato (per me) il momento di approfondirlo e cercare di condividerlo nella mia casa dell'arte sociale (la Corte Dalì).

martedì 17 maggio 2016

Pentecoste la festa della Fratellanza

Oggi è la festa di Pentecoste, una festa molto particolare, poco conosciuta, in verità, nella nostra cultura. Sebbene sia un'importante festa liturgica, non viene festeggiata ed è persino poco ricordata. Passa inosservata ai più e non si ricorda bene il suo significato (a parte i devoti ovviamente).
Più o meno praticanti tutti sanno di cosa trattano o cosa commemorano altre feste come il Natale, la Pasqua e persino l'ascensione, invece la Pentecoste è sempre rimasta un pochino in sordina.
Lo scopo originario di questa festa era il  ringraziamento a Dio per i frutti della terra, successivamente, dopo la venuta del Cristo, come descritto negli Atti degli Apostoli, è la discesa dello Spirito Santo su Maria e appunto gli Apostoli. Si legge quanto segue: 
  «si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue di fuoco, che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi. Si trovavano allora in Gerusalemme giudei osservanti, di ogni Nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita, perché ciascuno li sentiva parlare nella propria lingua. Erano stupefatti e, fuori di sé per lo stupore, dicevano: “Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?…».

Non sono un'esperta di liturgia e non è mia intenzione spendermi in spiegazioni religiose di cui non sarei assolutamente all'altezza, mi interessa però soffermarmi sul significato simbolico da un punto di vista antropologico (e se vogliamo antroposofico, infatti per chi volesse approfondire l'argomento consiglio la lettura di questo libro di Steiner).

La Pentecoste è la festa che celebra la dignità, l'importanza e il valore dell'individualità di ognuno rispetto al cosmo intero, definisce come in ogni individuo ci sia la scintilla di unicità, di divinità e sacralità. 
Ogni uomo ha in se lo Spirito Santo. Inoltre, sempre pensando al pezzo sopra citato, è interessante sottolineare come, questo primigenio momento di individuazione dell'io rispetto alla tribù o razza di appartenenza, sia l'inizio di un cammino di cosmopolitismo e fratellanza. E' la festa che rende onore all'individuo tra altri individui.
Penso sia la più bella festa dell'anno ed è molto bello che abbia la sua radice storica nel ringraziamento per i frutti donati dalla terra (e dal cielo aggiungerei).
Il dono divino di essere uomini, unici, irripetibili ma insieme come un grande organismo (l'umanità).



E oggi la mia piccolina ha festeggiato alla Scuola Materna la Pentecoste, simbolicamente, tutti vestiti di bianco come colombelle di pace, i bimbi hanno festeggiato con una bella storia, insieme ai genitori (pure noi vestiti di bianco), con una bella canzoncina e un momento dolce di convivio: a ricordarci che facciamo parte di un unico amore per la terra e il nostro prossimo.
E così è stato in questo scorcio di sole regalato, in giorni di varesina piovosità, ci siamo tenuti per mano in girotondi danzanti, abbiamo condiviso del cibo e poi con alcune mamme siamo andate a fare un giro al lago... scintillante, nutriente, caldo e... come si fa a non ringraziare con il cuore di questi doni offertici dalla vita stessa.
Pentecoste festa della Fratellanza, dove non contano le razze, le lingue o le differenze, ma l'unica cosa vera che esiste è l'amore: divino, individuale, naturale, e ad ognuno il suo dono a cui inviare immensa gratitudine (liturgico, religioso, spirituale o prosaico che sia)


venerdì 13 maggio 2016

Il primo settennio di sviluppo

Maggio inoltrato, giorni spessi e richiedenti. 
La mia piccolina domani compie sette anni. Momento biografico fondamentale: esce dal primo settennio di vita e timidamente comincerà a muovere i primi passi in una nuova fase di vita.
Secondo la pedagogia steineriana, basato su precisi studi antropologici (in particolare delle fasi di sviluppo), la crescita e il completamento dell'individualità umana, avvengono nell'arco di tre settenni, da 0 a 21 anni.
Il primo settennio, fondamentale e delicatissimo, pone le basi sostanziali e significanti della futura vita di ognuno. 
bambino conquista la sua appartenenza alla specie nei primi tre anni, acquisendo le capacità peculiari dell'essere uomo che sono : ergersi in piedi e camminare, parlare e infine pensare (e solo alla fine di questo processo il bambino può dire io a se stesso).
Inoltre questo è il periodo dell'imitazione (di adulti sensati) e dello sviluppo di importanti sensi: il senso del tatto, dell'equilibrio, del movimento e della vita. Tali sensi danno informazioni sostanziali sulla propria interiorità e il proprio sè in relazione al mondo.
Inoltre, il primo settennio è quello dove il bambino completa la costituzione (letteralmente) degli organi interni. Per farmi meglio capire, gli organi (cervello compreso) non sono solo più piccoli, ma devono completarsi, finire di costruirsi nelle proprie specifiche funzioni.
Insomma in questi primi sette anni accadono "cose" straordinarie e il piccino ha bisogno di ancorarsi fortemente al sostegno di qualcuno... e questo "qualcuno" è la mamma. 
I bimbi necessitano di usufruire delle forze vitali materne, di affidarsi alla saggezza eterica e di cura della madre, per poter "abitare" al meglio (come un guanto si potrebbe dire) la propria corporeità.
Beh... impegnativo direi. 
Essere madre presuppone una presenza, una dedizione, un sentire, un prevenire, un accogliere, un contenere, un aspettare, un ascoltare, un abbracciare (insomma un amare) totalizzanti.
Non da intendersi come una presenza fisica continua e completa, piuttosto uno stato d'essere, la madre porta (o dovrebbe essere così) SEMPRE nel cuore il proprio bimbo, anche quando è a chilometri di distanza. 
Ricordo che quando la mia piccolina, nei primi sei mesi di vita, ebbe la bronchiolite (famigerata), il mio pediatra (antroposofo) mi spiegò che era fondamentale che io respirassi al posto della bimba e ricordo ancora, quando entrambe ebbero la pertosse e sembrava dovessero morire soffocate (le mamme che hanno assistito un bimbo con la pertosse SANNO di cosa parlo), insomma lì mi ricordai delle sagge parole del dottore e fu strabiliante riconoscere che erano vere: quanto più io mi agitavo, quanto più le bimbe faticavano a respirare; mentre quando riuscivo a concentrarmi (calma) e me le stringevo al petto e lentamente e profondamente respiravo, magicamente la tosse si calmava.
Il primo settennio del bambino richiede immense forze ed energie eteriche per la mamma, richiede presenza intenzionale oltre che amore. 
E non è semplice! 
E questo le mamme lo sanno bene, perchè lo fanno con naturalezza (quasi sempre) e sanno anche che quando i bimbi compiono sette anni, scatta un click e loro diventano improvvisamente più autonomi, quasi più distanti. AH! 
Se da una parte si può tirare un bel sospiro di sollievo perchè si riconquista sempre più la propria individualità di persona, i propri spazi vitali e di realizzazione e di riflessione, e di approfondimento personale, dall'altra parte ci si trova ad uno dei numerosi lutti da vivere crescendo un pargolo. 
Dal primo istante che vengono al mondo bisogna farsi una ragione che si distaccheranno, che il nostro cuore se ne andrà lontano nel mondo e noi dovremo lasciarlo andare. Ogni scatto di crescita è insieme un'immensa gioia e una sensazione di perdita. Questo vuol dire essere madre: amare con dedizione, disinteressatamente, eternamente, perdutamente...
Ma torniamo alla mia piccolina: domani compie sette anni! 
E' andata a dormire gioiosa, felice, fiera e pronta e lo dice con orgoglio: " domani ho sette anni, anzi già stanotte!" (e questo è un altro segno di maturazione... comprendere che già nella notte cambia il giorno e trasferire l'informazione sulla propria vita significa che le forze cognitive di rappresentazione sono ben mature e pronte, presupposto indispensabile per l'apprendimento scolastico).
Ecco una fase di vita è finita, non la sua, la mia: dopo 10 anni (perchè tutto è cominciato con la prima piccolona ovviamente) torno in possesso del mio campo eterico, sarò in qualche modo più "libera", più forte quasi, perchè le mie bimbe ora hanno bisogno di altro... ed è un bel passaggio piccolina mia, e un pò mi si stringe il cuore, quella mamma del bimbo piccolo sta finendo... è stato un così bel periodo, credo di poter affermare: i migliori anni della nostra vita (per me e Cristian), anni intensi, anni di amore profondo, di intreccio di anime, di cura, amore... AMORE toccato con mano, nelle notti insonni, nei piccoli e grandi dolori, nelle scoperte, nelle sorprese, nelle conquiste, nelle angosce e nelle paure, nelle pappe, nei passi e nelle regressioni, nelle crune d'ago e negli arcobaleni magici, nelle risate, nelle coccole, nel solletico, nel lettone, nelle corse, nelle storie, nelle fiabe, nei giochi, nei sogni, nella natura, negli amichetti... grazie bimbe mie... 
e adesso, tutti insieme, godiamoci il secondo settennio di entrambi i miei cuori che vagano nel mondo... figlie mie!

lunedì 9 maggio 2016

Cosa volevi fare da grande? Ecco fallo!

Il karma è per prima cosa amore
Tanti giorni di silenzio. 
Necessari e riflessivi, malinconici e genuini, perturbanti e, a tratti, indifferenti.
Sempre così, dopo i seminari di approfondimento biografico, succede che è necessario decantare, lasciar penetrare (o a volte scivolar via) le nuove informazioni e i nuovi vissuti portati da un tema così importante.

E ancora di biografia vorrei parlare.

Credo di aver capito in questo seminario (ma è già una consapevolezza che va maturando da un pò), ho capito che quello di cui voglio occuparmi è proprio questo: studiare le dinamiche della biografia, le leggi del Karma, il rispecchiamento e le sincronicità nelle relazioni umane.
Anna durante il seminario ci ha chiesto di ricordare quale desiderio di realizzazione avevamo tra i 12 e i 13 anni... pensa che ti ripensa mi è sovvenuto: un anelito profondo ha sempre abitato il mio cuore, il mio pensiero, la mia volontà. 
Per prima cosa ho sempre scritto, ho sempre voluto scrivere, ho sempre trasformato il sentire in parola. 
Da sempre, sin da piccina, sin dai miei occhi da infante che scrutavano osservatori il mondo... descrivere l'emozione, il sentimento, la percezione, la propriocezione, l'essere in divenire nel mondo. 
Chiaro, ovvio, palese... oggi con il senno di poi...  vedo un destino tracciato da sempre! Ah! L'avessi individuato prima.... forse avrei... studiato in modo più mirato? Avrei... cosa? No niente, quella che sono nasce dai miei passi, dalle impronte lasciate e null'altro avrei potuto fare... ma ora sì... ora sì posso farlo e dichiararlo al mondo con convinzione, ardore, orgoglio e immensa gratitudine: sono una scrittrice! Evviva!

E non solo! 
Un altro ricordo è affiorato alla mia mente. 
Da bambina volevo studiare psicologia, non per fare lo psicoterapeuta, mi incuriosiva infinitamente il funzionamento del cervello, della ragione umana, del pensiero, del modo di essere degli uomini, volevo fare la ricercatrice. 
E mi risulta assai chiaro (oggi) perchè sono dovuta passare attraverso la pedagogia, la formazione, la clinica transazionale, la psicomotricità e infine l'antroposofia, per dedicarmi intenzionalmente solo adesso a quello che ho sempre desiderato.
Se avessi fatto il percorso standard... laurea in psicologia con specializzazione nella ricerca non sarei mai arrivata ai pensieri viventi che mi nutrono oggi. 
Questo mi è molto chiaro, anzi chiarissimo... e ringrazio le cannature al liceo, i lavoretti di baby sitter, il ripiego sul magistrale e poi pedagogia (sembrava tutto per caso) eppure è stato come un sentiero tracciato da seguire: dovevo essere un tecnico specializzato in processi evolutivi. Lo sono diventata e ne sono fiera. Ho approfondito tante e tante sfere, approcci e metodi, ho lavorato sul campo, sui metaprocessi, sulla formazione, sul coordinamento pedagogico, sulla clinica e la maternità ha completato un quadro di senso e d'amore (per la pedagogia).

Tutto propedeutico a comprendere il mio scopo di destino, la mia ragione di vita: occuparmi del Karma, comprenderne i nessi e le combinazioni, le leggi archetipiche e cosmiche, ricercare, studiare, (com)prendere per poi, come un bovino, riproporre al mondo metabolizzato e parzialmente digerito. 

In altri termini diffondere a più persone possibili la bellezza della vita contestualizzata in un disegno individualmente significativo.

E ho deciso che voglio e devo onorare questi miei talenti, aneliti, desideri e da settembre sceglierò un part-time risicato nella sede del tanto decantato posto fisso e sicuro (che ringrazio infinitamente per avermi lasciato agio e avermi permesso di sperimentarmi e rendermi quella che sono) però così sicuro da tenermi prigioniera come in una gabbia sicura e dorata (beh magari non proprio dorata... diciamo argentata... o ramata... va beh insomma sicura).
Non voglio essere irresponsabile e faccio un primo passo, mi allontano solo parzialmente (insomma un piede salva l'altro), mi lascio un cuscinetto di sicurezza. 
Ma so e voglio (e spero) che è solo l'inizio: voglio intraprendere la mia vita di scrittrice e ricercatrice, o potrei dire di scrittrice della ricerca, ricercatrice della scrittura, scrivente... ricercante... 
artista dell'arte sociale in particolare, ma non solo!


domenica 1 maggio 2016

La nascita di un cenacolo culturale: ecco cosa è per me la Corte Dalì


Sono nutrita, quasi elettrizzata come se avessi bevuto tanti caffè.
Due giornate di seminario, due giornate di condivisione, due giornate di arte sociale e cultura.
Sono profondamente grata al cosmo, ai miei compagni di percorso, ai miei maestri spirituali e culturali, perchè intuisco che qualcosa del mio sogno (o intenzione) si sta realizzando.
Per me l'associazione Corte Dalì è questo: la promozione di cenacoli culturali dove sia possibile uno scambio umano, un confronto sul pensare e sulla filosofia.
Un luogo dove ci si possa incontrare: per dipingere, per creare con le arti manuali, per incontrare se stessi attraverso colloqui individuali e incontrare gli altri nel pensiero, nello studio, nel riflettere, nell'arte sociale.
E in questi due giorni ho potuto immaginare, intuire (e farmi ispirare,) grazie alle persone e agli intrecci che ho condiviso,che la Corte Dalì è sempre più casa per tante persone, per tanti approcci, per tanto amore.
Immensa gratitudine per la possibilità che sto vivendo, di contribuire a concretizzare un'dea: l'esserci insieme.
E sono sempre più convinta che sia una necessità d'amore, verso l'umanità e il cosmo, studiare le leggi del karma e diffonderlo il più possibile, affichè si possa promuovere la libertà di pensiero e la ricerca spirituale, astenendosi dal giudizio, ma ricercando con libertà, uguaglianza e fratellanza, e coltivando bontà, bellezza e verità.