...curioso nel mondo!!!


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I gatti sono curiosi, sornioni, saggi e liberi.



La ricerca continua del filo conduttore del significante

mi porta ad infilare i baffoni in molti luoghi interessanti...







lunedì 24 ottobre 2016

Relazioni e identità personale


Ricordo che quando feci uno studio monografico sull'identità personale, uno dei concetti che mi rimase più impresso fu il concetto di relazionalità: intesa come caratteristica fondante appunto dell'identità personale.
Certo, comprendo molto bene cosa vuol dire questo, è persin banale.
La costituzione di quello che definisco "io" si concretizza nell'interazione con l'ambiente, nel senso più ampio del termine. 
In altre parole se vivo all'equatore o nell'artico la relazione con quello specifico ambiente determinerà moltissimi fattori della mia personalità, come le persone che incontrerò nel mio cammino, dalle prime, accudenti, e via via tutte le altre.
Questo concetto di relazionalità è interessante perchè  è quanto  scaturito dalla cacciata dell'Eden. 
Questo continuo flusso di informazioni tra il "dentro e il fuori di me" disegna i miei contorni, le mie sfumature, le mie inflessioni, la mia sostanza e in qualche modo da "voce" al mio essere. 
E tutto ciò ha significato in qualità di animali senzienti che si pongono delle domande sull'Essere. 
Mi immagino Adamo ed Eva, felici e appagati, ma in qualche modo un pò inebetiti, dormienti, senza emozioni, senza turbamenti, senza desideri, senza aneliti... tutto già è! 
Non voglio dire un prosaico "che noia", (parzialmente lo penso) quello che voglio dire è che questo miscelamento e la contaminazione tra me e quello che c'è fuori da me è quello che produce in noi ardore, passione, sentimento, emozione (appunto), insomma tutto ciò che c'è di bello nella vita.
Tutta questa lunga e arzigogolata premessa per introdurre un pensiero semplice: 
come sono impegnative le relazioni.
Le relazioni umane in particolare sono campi minati, rebus indecifrabili, salti nel vuoto, brancolamenti nel buio, scommesse identitarie.
Quando incontriamo qualcuno dobbiamo fare i conti con la nostra pelle: la persona che abbiamo di fronte ci procura subito delle sensazioni epidermiche che possono essere di simpatia, antipatia o indifferenza (quest'ultima è abbastanza rara in verità).
Questo primo approccio è abbastanza determinante perchè influenzerà tutta la relazione futura. 
Non voglio dire che sicuramente sarò molto amica di chi "simpatizzo" e meno per gli altri, voglio dire invece che il processo di conoscenza dovrà attraversare due fiumi diversi. Il risultato di questo attraversamento non ci può essere noto agli esordi.
Le relazioni richiedono un impegno notevole, una capacità di riconoscere o meno l'io dell'altro, o il rispecchiamento, o il legame karmico, o...
Insomma tutto il nostro io, con il suo bagaglio, il suo pregiudizio, le sue paure, le sue aspettative, deve incontrare un altro io che possiede anche lui tutte queste "cose". Mica facile.
Inoltre, più i legami si approfondiscono, più la vicenda si complica. 
Nascono i fraintendimenti, le intimità, il lessico familiare, i copioni, i ruoli, i convissuti e chi più ne ha più ne metta.
Per tornare all'inizio di questo post; la relazionalità è una caratteristica fondante l'identità personale di ognuno!
Ebbene la solitudine è un'utopia, una chimera, un falso ontologico.
Non possiamo mai in alcun momento essere soli perchè siamo intessuti di tutti gli incontri della nostra vita, di tutte le nostre interazioni con l'ambiente, con le cose, gli animali, i parenti, gli amici, i passanti, i colleghi, gli amori, i vicini di casa....
Forse possiamo non piacerci a sufficienza, ma non possiamo definirci soli. 
E se non ci piacciamo abbastanza (noi o la nostra vita) allora dovremmo cambiare il nostro modo di relazionarci, affinchè le esperienze possano diversamente plasmare la mia identità personale.
Come dicevo è un concetto difficile ma facile al contempo.
Difficile perchè bisognerebbe sapersi guardare con un pochino di sincerità (affare assai complesso), facile perchè siamo immersi nella relazionalità e basterebbe cambiare continuamente punto di vista, spostarsi di fronte agli altri, rimescolarsi, sorprendersi.
Con questo non voglio dire di continuare a cambiare bulimicamente compagnie, intendo invece che sarebbe molto bello confrontarsi in modo sempre nuovo con chi mi trovo solitamente di fronte. (sia con i conoscenti che con le relazioni più profonde).
Coltivare la capacità di sorprendersi e incantarsi è la via per godere pienamente di questa nostra peculiarità umana: di essere consapevolmente esseri relazionali e quindi uniti.
E così mi si chiarisce un pensiero... 
"rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori"
è un concetto relazionale fondamentale, è un'assunzione di responsabilità sui miei debiti karmici, sulle mie omissioni di bene e sulla mia capacità di "dare e ricevere", capacità fondamentale per vivere nell'amore.
 E scusate ma NON non è poco!



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