...curioso nel mondo!!!


...curioso nel mondo!!!

I gatti sono curiosi, sornioni, saggi e liberi.



La ricerca continua del filo conduttore del significante

mi porta ad infilare i baffoni in molti luoghi interessanti...







martedì 23 febbraio 2016

Auto amica mia


Sono qui, in una delle innumerevoli attese di queste giornate, un po’ annoiata, un po’ galleggiante e non voglio esimermi dal continuare il discorso di ieri sui “contenitori”. 
Per due ragioni: da una parte accetto il piccolo sollecito della cara amica Claudia che, vedendomi parlare degli immensi contenuti delle borse delle donne, ha buttato lì un accenno empatico anche sulle vetture, e poi, stamani,  una delle nostre automobili ci ha bellamente che abbandonati. 
Una di quelle normali mattinate in cui, dopo esserci preparati tutti, dopo aver pensato a tutti gli animali di casa dopo aver preparato il bagaglio della giornata, dopo aver verificato il contenuto sospetto delle tasche delle mie figlie, dopo aver rubacchiato qualche tiro di sigaretta, stavo giusto per sedermi in auto, quando squilla il telefono. Già immaginavo che fosse Cristian (alle 7 del mattino chiunque altro è molesto), ho subito pensato che avesse dimenticato a casa qualcosa e pensavo già alle maledette quattro rampe di scale da fare e all’inevitabile ritardo che avrei collezionato. 
E invece no, peggio, la sua macchina dopo la fermata dal benzinaio non ha voluto saperne di ripartire. 
Sob! – Ti raggiungo – è stata la mia consolatoria e stringata risposta. 
In dieci minuti eravamo da lui, nel breve tragitto ho riprogrammato mentalmente la giornata con il nuovo imprevisto, vagliando le possibili varianti e soluzioni. Lo abbiamo raccattato dal benzinaio, la scelta è stata semplice, visto che mi aspettava una giornata lunga, noiosa e abbastanza sedentaria, mi sono fatta accompagnare nel luogo di lavoro (in anticipo a questo punto, essendomi evitata l’accompagnamento a scuola delle mie figlie all’altro capo della città). Passerò qui (prigioniera senza macchina) tutto il giorno. 
Stasera (spero dopo aver trovato delle soluzioni di recupero dell’infedele mezzo meccanico), mi verranno a riprendere. Sembrano segni del destino, quindi mi ritrovo, in questa pausa forzata, senza la mia piccola isola di individualismo (la macchina) e non posso che mettermi a parlarne.
La macchina per me è sempre stata un’espansione dell’intimità della casa, anzi in taluni momenti della mia vita, è stato quasi l’unico luogo di intimità individuale, dove raccogliermi in solitudine, dove pensare, dove piangere, dove sbraitare contro l’ingiustizia del mondo e della vita stessa.
Non a caso l’interno si chiama abitacolo, è proprio un luogo dove ci si “vivicola”, nel senso che non è proprio come le pareti domestiche, tant’è vero che ci sono i vetri e sei alla vista di tutti, però nel contempo è uno spazio privato nel quale neanche gli sguardi indiscreti sono ben ammessi. 
È un luogo dove si possono lasciare pensieri in sospeso, idee da afferrare, cartacce di merende, canzoni da ascoltare e oggetti da trasportare.

Ricordo lunghe passeggiate solitarie inseguendo i tramonti rossi e scintillanti tra i laghi e il Monte Rosa, 
ricordo corse folli, ridendo e cantando a squarciagola con amiche, le migliori amiche, 
ricordo pause pranzo appisolata sul sedile, al freddo, cercando di recuperare qualche quarto d’ora di sonno arretrato, 
ricordo notti stellate nelle vigne toscane attraverso il tettuccio aperto, 
ricordo pianti disperati in momenti disumani, cullati da musiche struggenti, ricordo discorsi e conversazioni immaginarie con persone varie, 
ricordo traslochi e staffette con la macchina carica fino all’orlo di ricordi e pezzi di cuore, 
ricordo litigate furiose con presunti innamorati o vere fiamme gemelle,  
ricordo viaggi in macchina come passeggero, mentre guardi appena il ciglio che scorre e sai molte cose, sei lontano, 
ricordo la macchina ripiena di amici e risate, 
ricordo i momenti difficili quando, ubriaca e malconcia, guidi piano piano piano perché sai che non sei lucido 
e ricordo anche i momenti quando invece sei appena brillo e fai il pirla, guidi sportivamente ed è ancor più pericoloso.

La macchina è il luogo dei luoghi ma è anche un non luogo: non tutti vivono la macchina in questo modo, altre persone la puliscono in modo maniacale (per me ovviamente), lucidano ogni righetta della carrozzeria, aspirano ogni granello o bricciolina (pur non mangiandoci dentro), passano il super prodotto pulente sugli interni, il volante e il cambio, usa lo smacchiatore per i sedili e via dicendo… è comunque una cura particolare e interessante per un semplice mezzo di trasporto. 
Perché non lo è!
L’autovettura è qualcosa che in qualche modo ci rappresenta, è una parte di noi, un luogo dell’anima dove ci sospendiamo un attimo e ci lasciamo condurre altrove. 
L’automatismo della guida ci consente di allontanarci appena appena dal corpo fisico e proiettarci nel dopo, nel pensiero, nel sentire, nel progettare, nell’altro.
E poi la macchina è quel mezzo (assolutamente personale) dove davvero puoi trasportarci di tutto.
La mia macchina è un simpatico ricettacolo stagionale, in bella vista sul cruscotto si possono scorgere belle e variopinte foglie secche, mazzetti rinsecchiti di fiori, sassi levigati o ciotolini di bosco, bastoncini e radici. Le bambine (e anch’io mi ci riconosco abbastanza) sono delle raccoglitrici convinte e nelle nostre passeggiate amano collezionare piccoli tesori che poi sparpagliano per la macchina (e anche la casa devo dire). Sulla macchina poi ci sono spesso ciuffetti, fili e scampolini di stoffa o pannolenci dimenticati, residui dei vari pacchetti e bagagli dei miei innumerevoli hobby artigianali e/o dei vari lavori e delle diverse imprese creative delle mie figlie.
Tutti noi spilucchiamo, mangiamo, merendiamo e ci nutriamo spesso in macchina, con l’ovvio risultato di avere briciole, cartacce, bottigliette e tovagliolini sparsi in giro. Ci sono poi strani oggetti abbandonati, una borsetta di peluche che ha perso il suo proprietario, un elefantino seduto sotto il vetro, un vecchio portadocumenti vuoto dei paesi dell'est,  un vecchio giocattolo in legno delle mie bimbe piccine appeso allo specchietto e varie altre cose, appunti sparsi, una biro, tabacco, accendini, monetine,  coriandoli, vecchie carte, fazzoletti di carta, filtri per le sigarette, stoffe, sacchetti vuoti… insomma un microcosmo. 

Tutte le macchine che ho avuto sono sempre state personalizzate, quasi animate attraverso un nome, dei vezzeggiativi, degli orpelli, oggi la mitica Twingo si chiama Freccia Azzurra (per deridermi un po’ per i miei innumerevoli viaggi tra la città, la casa, la scuola delle bimbe, la Corte Dal’, il lavoro, i parenti, gli amici ….).
Io e Freccia Azzurra maciniamo un sacco di km, mastichiamo percorsi e tragitti, ascoltiamo musica, corriamo tra un sito e l’altro e lei (la mia twingona) fedele e amica, mi segue, resiste, non molla, mi accompagna nelle mie attività, nel mio sentire, nella mia biografia. Mi affeziono sempre a queste piccole case ambulanti, di servizio, fedeli compagne di viaggi e pianti, giochi e lavori, amicizie e infinite solitudini.

Le mie macchine mi hanno sempre accompagnata fedelmente, strenuamente, indefessamente, sono sempre state pezzi di casa, di vita, di intimità, un non luogo ma anche IL LUOGO, dove ti ritiri come in un guscio di tartaruga e sei nel tuo regno.

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